21 giugno 2005

Dialogo fra Socrate e un vivaista (Parte 5)

Riassunto delle puntate precedenti (1, 2, 3, 4): Socrate ha inviato il servo dal vivaista per comprare un oleandro. Il vivaista, al prezzo di un oleandro, dà al servo un seme. Socrate va a reclamare dal vivaista, che gli dice che il seme partecipa della natura dell’oleandro quanto la pianta adulta: quindi è un oleandro. Socrate tenta di dimostrare che essere capaci di diventare qualcosa è altro dall’essere già quella cosa.

SOCRATE: E come si chiama tuo figlio, vivaista?

VIVAISTA: Si chiama Linceo, Socrate.

SOCRATE: E dimmi, quanti anni ha?

VIVAISTA: Cinque anni, Socrate. Li ha compiuti giusto un mese fa.

SOCRATE: Cinque anni. Quindi il tuo Linceo è troppo giovane perché vada in palestra per irrobustire le membra e addestrarsi nell’arte della battaglia, non è vero? O forse ci va già?

VIVAISTA: No, Socrate. Nessun ragazzo va in palestra così giovane, lo sai.

SOCRATE: Ma Linceo crescerà, dico bene?

VIVAISTA: Certo che crescerà. Perché non dovrebbe?

SOCRATE: E da bambino quale è ora diventerà un uomo capace di brandire le armi, è così?

VIVAISTA: Se gli dei vorranno, sì, Socrate.

SOCRATE: Fai bene a ricordare gli dei, vivaista, perché non abbiano a irritarsi della nostra arroganza, di parlare degli eventi futuri come fossero certi: mentre solo agli dei, e agli esseri umani cui vogliono rivelarli, è concesso conoscerli. Ma, dimmi, in virtù di cosa crescerà il tuo Linceo?

VIVAISTA: Che intendi, Socrate?

SOCRATE: Crescerà in virtù di qualcosa che noi facciamo a lui, come capitava poco fa alla tua insegna, che da quadrata facevamo diventare ottagonale tagliando via tutti gli angoli? O piuttosto il tuo Linceo crescerà da sé, se solo gli daremo il cibo e le cure necessarie a un bambino della sua età?

VIVAISTA: Crescerà da sé, è chiaro, Socrate.

SOCRATE: E sarà per accidente che crescerà da sé, Linceo, come accadeva poco fa al tuo cavallo, che immaginavamo si imbizzarrisse vedendo una serpe nel prato? O piuttosto Linceo crescerà per necessità, perché è nella sua natura di crescere, e da bambino che è diventare uomo?

VIVAISTA: Per necessità, senza dubbio.

SOCRATE: Ma non è questo allora un caso come quello del seme? Non dicevamo che il seme è capace di sviluppare foglie, fusto, fiori e ogni tratto dell’oleandro? E che, in questa capacità, il seme si mostra partecipe della natura della pianta stessa? E che perciò dobbiamo giudicare il seme al pari degli oleandri che, invece che semi, sono piante adulte?

VIVAISTA: Così dicevamo, Socrate.

SOCRATE: Vedi di nuovo dove voglio arrivare, vivaista?

VIVAISTA: Sì, lo vedo, Socrate.

SOCRATE: E non vuoi continuare tu, come hai fatto prima?

VIVAISTA: No, Socrate, preferisco ascoltarti, questa volta.

SOCRATE: Ascolta, allora: se del seme, che è capace di prendere col tempo tutti i tratti dell’oleandro, diciamo che è un oleandro, non dovremmo dire del tuo Linceo, che è capace di prendere col tempo tutti i tratti di un uomo, che è un uomo?

VIVAISTA: Continua, Socrate.

SOCRATE: In questo modo, però, cadiamo in una di quelle che chiamavi ridicole assurdità, come quando sembrava bisognasse dire dell’insegna che era quadrata e ottagonale allo stesso tempo. Ora, sembrerebbe che il tuo Linceo, che è un bambino, allo stesso tempo sia un uomo.

VIVAISTA: Che infatti è di nuovo una ridicola assurdità, Socrate.

SOCRATE: Ma non credi, vivaista, che a questo punto dovremmo fare con Linceo come tu fai col seme dell’oleandro, che vendi al prezzo della pianta, e trattarlo come un uomo? E dire al fabbro che gli prepari un’armatura adatta alle sue piccole membra, e una spada e una lancia abbastanza leggere perché possa brandirle, così che si unisca all’esercito degli ateniesi e, senza attendere altro, combatta in battaglia come si addice agli uomini? Non credi che dovremmo, vivaista?

VIVAISTA: No, non lo credo, Socrate. E, per la terza volta, mi sembra che il tuo paragone sia cattivo, e che tu tenti di unire cose che invece sono diverse.

SOCRATE: E perché, vivaista? Se il seme è come la pianta, il bambino dovrebbe essere come l’uomo, ti pare?

VIVAISTA: Ne parleremo un’altra volta, Socrate.

SOCRATE: Un’altra volta?

VIVAISTA: Sì, bisogna che torni al mio lavoro. Non c’è nessuno nel vivaio a parte me e ormai è sera, e devo innaffiare le piante.

SOCRATE: Va bene, vivaista, vuol dire che tornerò domani, così che possiamo completare la discussione. Ma, dimmi, del mio oleandro che vogliamo fare? Vuoi darmi la pianta che ti ho già pagato, o insisti perché mi accontenti del seme?

VIVAISTA: Ascolta, Socrate…

SOCRATE: Perché, vivaista, in una discussione filosofica è opportuno prendersi molto tempo e, se necessario, continuare la discussione il giorno dopo, come noi abbiamo deciso di fare. Se gli dei ci assistono, possiamo sperare che, a furia di esaminare il problema da ogni lato, alla fine la verità ci apparirà; nel qual caso, da veri filosofi, entrambi saremo felici di averla scoperta, non importa quali erano le nostre posizioni di partenza. Ma, quando sono in gioco i beni e il denaro capita che le discussioni procedano altrimenti: e che chi vi partecipa sfugga alla verità anche di fronte alla dimostrazione più evidente, e si divincoli come fanno le anguille pur di non rinunciare al suo interesse.

VIVAISTA: E’ vero, Socrate. Ma, se è alla nostra discussione che alludi, converrai che entrambi abbiamo un interesse: io a non darti la pianta, e tu a pretenderla.

SOCRATE: Proprio così, vivaista. E che dobbiamo fare, se è possibile che entrambi vogliamo sfuggire alla verità?

VIVAISTA: Che dobbiamo fare, Socrate?

SOCRATE: Questo, vivaista: dato che ciò che dici dell’oleandro vale anche del faggio, del cedro e di qualunque altra pianta, e che, dopo avere sentito i tuoi argomenti, non solo i vivaisti ma anche i fruttivendoli e ogni commerciante che traffica coi vegetali potrebbero decidere di vendere agli ateniesi semi al posto delle piante, dei frutti e delle verdure, ebbene, credo che proporrò all’agorà di votare sulla questione: quella se un seme è una pianta, e debba essere venduto allo stesso prezzo della pianta oppure no, così da stabilire una legge e decidere anche del mio oleandro. Che dici di ciò, vivaista?

VIVAISTA: Dico che, così facendo, tradiresti la tua stessa arte. Perché, da filosofo, inviteresti a decidere sulla questione uomini che, nella grande maggioranza, sono incapaci di filosofare e a sentirli parlare sembrano del tutto privi di intelletto. Per non dire che molti di loro non sanno nulla di semi e di piante.

SOCRATE: Ma anche tu sei un filosofo, vivaista, perché tale ti sei davvero dimostrato nella nostra discussione. Se non mi lasci altro modo di avere una decisione sul mio oleandro, non sarai tu correo di questo tradimento alla filosofia?

VIVAISTA: Non lo so, Socrate. Come ti dicevo, ora devo innaffiare le piante, perché non debbano soffrire e seccarsi per il caldo di questa giornata. Perciò, accompagnami e prendi tu stesso nel vivaio ciò che sei venuto a reclamare. Non perché sia convinto del tuo ragionamento ma per non dovere vedere la filosofia tirata da una parte e dall’altra in piazza. Ecco, quella è la zona degli oleandri. Tirane fuori uno.

SOCRATE: Un oleandro o un seme, vivaista?

VIVAISTA: Ciò che preferisci, Socrate.

(5. fine)

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