Riassunto delle puntate precedenti (1, 2, 3): Socrate ha inviato un servo ad acquistare un oleandro. Il vivaista ha dato al servo un seme invece della pianta. Socrate protesta col vivaista; quest’ultimo dice che, siccome il seme partecipa della natura dell’oleandro, è un oleandro quanto una pianta adulta. Socrate non pare convinto.
VIVAISTA: Dimmi, allora, Socrate, quali altre indagini dobbiamo fare?
SOCRATE: Ascolta, vivaista. Tu dici che un seme di oleandro è un oleandro, giusto?
VIVAISTA: Sì, Socrate.
SOCRATE: E lo dici sulla base di questo: che un seme di un oleandro, proprio perché è un seme di oleandro, partecipa della natura dell’oleandro, è così?
VIVAISTA: E’ così, Socrate.
SOCRATE: E da cosa deduci che il seme partecipa di tale natura? Lo deduci, mi sembra, dal fatto che il seme è capace di sviluppare, a suo tempo e nelle condizioni opportune, le foglie, i fusti, i fiori e ogni altro tratto dell’oleandro. Da ciò lo deduci, o da qualcos’altro?
VIVAISTA: Da questo, Socrate.
SOCRATE: Quella dietro di te, vivaista, è l’insegna del tuo vivaio, è vero?
VIVAISTA: Sì, Socrate, perché me lo chiedi?
SOCRATE: E’ di legno, dico bene?
VIVAISTA: Dici bene, Socrate.
SOCRATE: E, rispondimi, quale forma ha l’insegna?
VIVAISTA: Quadrata, lo vedi tu stesso, Socrate.
SOCRATE: Lo vedo, vivaista. Ma immagina che ora arrivasse qui un falegname e che, per qualche motivo, questo falegname avesse portato i suoi attrezzi con sé. Allora gli potremmo ordinare di staccare l’insegna dal gancio e, dopo averla appoggiata su uno di quei cavalletti di cui i falegnami si servono, di segare via i quattro angoli.
VIVAISTA: Immaginiamolo, se vuoi, Socrate.
SOCRATE: Che forma prenderebbe allora l’insegna, vivaista?
VIVAISTA: Ottogonale, è chiaro, Socrate.
SOCRATE: Mentre prima era quadrata, no?
VIVAISTA: Quadrata, certo.
SOCRATE: Ma, se da quadrata che era, vedessimo la tua insegna trasformata in ottagono, non dovremmo dire che aveva fin dall’inizio la capacità di cambiare? Non è questa infatti una capacità del legno, di prendere qualunque forma gli vogliamo dare, se abbiamo un falegname abile a disposizione?
VIVAISTA: Sì, ma…
SOCRATE: Aspetta. E non dovremmo anche dire che, come il seme dell’oleandro è un oleandro perché è capace di sviluppare le foglie, il fusto e i fiori di un oleandro, così la tua insegna, essendo capace di prendere la forma dell’ottagono, è ottagonale?
VIVAISTA: No, Socrate, non dovremmo.
SOCRATE: Perché no? Non dici tu che ciò che è capace di diventare qualcosa è quella cosa?
VIVAISTA: Sì, lo dico, Socrate, e ti dico anche dove vuoi arrivare: tu vuoi mostrarmi che, a seguire il mio ragionamento, un’insegna che è quadrata sarebbe allo stesso tempo ottagonale, col che mi faresti cadere in una contraddizione ridicola.
SOCRATE: Bravissimo, vivaista. Mi accorgo che è più difficile prendere alla sprovvista te che molti degli amici con cui discuto di filosofia, i quali spesso si fanno cogliere impreparati nella discussione, e ricordano i giovani nelle palestre, quando studiano i rudimenti della lotta e sono sconfitti con poco sforzo dai lottatori più esperti.
VIVAISTA: Ti ringrazio, Socrate. E’ che l’arte del vivaista lascia molto tempo per pensare.
SOCRATE: Lo vedo.
VIVAISTA: Infatti, mentre parlavi, già ho trovato cosa risponderti: che il paragone che fai fra il seme e l’insegna è poco appropriato.
SOCRATE: Non lo è?
VIVAISTA: No, Socrate, perché è vero che entrambi hanno le capacità che tu dici, ma in modo diverso: l’insegna prende una forma nuova solo se un falegname gliela dà, mentre il seme diventa pianta per natura sua. E’ vero che occorre aiutarlo, bagnando e concimando il terreno. Ma, per quanto io bagni e concimi, non potrei mai ottenere da un seme di oleandro un faggio, un cedro o qualsiasi altra pianta, non credi, Socrate?
SOCRATE: Continua, vivaista: poi ti dirò cosa credo.
VIVAISTA: Mentre un pezzo di legno può prendere la forma di triangolo, di esagono o qualunque altra noi vogliamo. Perciò hai ragione che sarebbe assurdo dire di un’insegna quadrata che è ottagonale. Ma non è affatto assurdo dire di un seme che è un oleandro: perché è proprio nella sua natura, e non in ciò che gli facciamo, di diventare una pianta di oleandro.
SOCRATE: Vivaista, vedo che continui a parlare bene. Dimmi, però, è il tuo cavallo, quello laggiù?
VIVAISTA: Sì, lo è.
SOCRATE: E come è ora quel cavallo, vivaista? Tranquillo o imbizzarrito?
VIVAISTA: E’ tranquillo, Socrate, lo vedi anche tu.
SOCRATE: Ma immagina ora che, lì, nel prato, appaia una serpe, e che la serpe si avvicini al tuo cavallo.
VIVAISTA: Se proprio vuoi, immaginiamo anche questo, Socrate.
SOCRATE: O, se lo preferisci, immaginiamo che il cavallo creda di vedere una serpe e si spaventi. Che succederebbe, allora? Resterebbe tranquillo o diventerebbe imbizzarrito?
VIVAISTA: Imbizzarrito, Socrate, senza dubbio. Solo una settimana fa vide una piccola serpe attraversare la strada e quasi mi sbalzò di sella.
SOCRATE: Ma allora, non è questo un caso come quello del seme e dell’oleandro? Non dobbiamo dire che il cavallo ha la capacità di diventare imbizzarrito?
VIVAISTA: Sì, ha questa capacità, ma…
SOCRATE: Aspetta: e non ti sembra che questa volta la capacità di imbizzarrirsi sia nella sua natura stessa di cavallo?
VIVAISTA: Sì, ma vedo di nuovo dove vuoi arrivare, Socrate: tu vuoi dire che come il seme è capace per natura di sviluppare le foglie, il fusto, i fiori dell’oleandro, così il cavallo è capace per natura di assumere tutti i tratti dell’essere imbizzarrito. E che perciò, se il seme è già un oleandro, allo stesso modo dovremmo dire di un cavallo tranquillo che è già imbizzarrito.
SOCRATE: Proprio così, vivaista.
VIVAISTA: Ma, una seconda volta, devo dirti che il paragone mi sembra infelice. Il seme e il cavallo hanno le capacità che tu dici: però il cavallo si imbizzarrisce solo per incidente, perché vede una serpe o un altro pericolo, passato il quale torna a calmarsi. Mentre il seme non diventa pianta per incidente, ma perché è proprio la natura che glielo ordina; e infatti, diventato pianta, non può certo capitare che ritorni seme.
SOCRATE: Va bene, vivaista, sono sempre più ammirato dal tuo parlare. Ma dimmi, è tuo figlio il giovinetto che vedo affacciarsi sulla porta della tua casa, e che ci guarda come chiedendosi chi sia lo strano vecchio con cui parla suo padre?
VIVAISTA: Sì, è mio figlio, Socrate.
(4. Continua)
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