03 giugno 2005

Dialogo fra Socrate e un vivaista (Parte 3)

Riassunto delle puntate precedenti (1, 2): Socrate ha mandato il suo servo al vivaio per acquistare un oleandro. Il vivaista, al prezzo di un oleandro, ha venduto al servo un seme. Socrate se ne lamenta col vivaista. Quest’ultimo tenta di convincere Socrate che il seme di un oleandro è un oleandro.

SOCRATE: Ascolta dunque: tu vuoi dire che un oleandro è un oleandro, invece che un faggio, un cedro o qualunque altra pianta, non perché abbia foglie e fiori fatti nel modo che conosciamo, ma perché partecipa di una certa natura.

VIVAISTA: Proprio così, Socrate.

SOCRATE: E anche questo, io credo, vuoi dire: che quando ci chiediamo se una cosa partecipa o no della natura dell’oleandro, neanche in questo caso dobbiamo cercare se questa cosa ha le foglie, i fiori e le altre caratteristiche della pianta. Infatti, per qualsiasi ragione, potremmo avere privato la pianta della parte aerea, e finanche del fusto, tagliandola fino a terra, da dove è pronta a ripartire. A questo piuttosto dobbiamo guardare: se la pianta, col tempo, è capace di produrre il fusto, le foglie e i fiori dell’oleandro secondo la stagione e secondo che goda di tutte le condizioni appropriate alla sua crescita.

VIVAISTA: Dici benissimo, Socrate, e mi rallegro che ti sia voluto sostituire a me nel trarre le conclusioni, perché io stesso non avrei saputo formulare il mio pensiero con tanta esattezza.

SOCRATE: E’ per questo che tu detti il seme al mio servo quando venne per acquistare un oleandro: perché il seme ha questa capacità che tu dici, di produrre un fusto, le foglie, i fiori, se curato con le tecniche della tua arte. E se un oleandro non è altro se non ciò che è capace di sviluppare le caratteristiche dell’oleandro, non dovremmo onorare il seme, che ha questa capacità, del nome di oleandro al pari di una pianta adulta e slanciata che già diffonde il profumo dei suoi fiori? O dovremmo forse dire che il seme, solo perché è un seme, non è un oleandro, ma un faggio, un cedro o un’altra pianta? Questo, ormai ne sono certo, è il motivo per cui tu prendesti un seme e dicesti al servo: prendi, porta a Socrate il suo oleandro.

VIVAISTA: Sì, Socrate. E per questo ti dissi che sarebbe stato ingiusto se tu avessi fustigato il servo o lo avessi rinchiuso in una stanza o punito in altro modo perché tornò a casa con un seme; giacché tu gli chiedesti di comprare un oleandro, e un oleandro, e non altro, fu ciò che comprò.

SOCRATE: Ora tutto è chiaro, vivaista, e dobbiamo essere grati agli dei di avere chiarito questo punto così alla svelta, senza perderci in una discussione inconcludente. Ma permettimi che ti chieda una cosa. Se tanto il seme quanto la pianta adulta sono oleandri, è per riguardo alla filosofia, che insegna a distinguere le cose secondo ragione, che tu volesti dare al servo un seme invece che una pianta? Come tu volessi che si stupisse di quanto un oleandro può essere diverso da ciò che appare? Oppure a lui stesso volesti fare una cortesia, mandandolo a casa con un peso leggero, perché non dovesse legarsi sulle spalle una pianta con tutto il sacco che trattiene la terra e le radici?

VIVAISTA: Ti dirò, Socrate, che questa è una scoperta che feci di recente, a proposito dell’oleandro, del faggio e delle altre piante: la scoperta, intendo, che esse sono ciò che sono in virtù della natura cui partecipano. E proprio ieri mi accorsi che non era assennato che continuassi a vendere a prezzi diversi cose che, come avevo scoperto, erano uguali; perciò decisi di vendere allo stesso prezzo che applicavo alle piante adulte le piante giovani, e anche quelle appena spuntate dalla terra, e gli stessi semi. Ciò sia per l’oleandro, sia per il faggio, sia per qualsiasi altra pianta. Il tuo servo fu il primo cliente che servii in questo modo.

SOCRATE: E altri clienti vennero fra ieri e oggi?

VIVAISTA: No, non venne nessuno. Perché me lo chiedi, Socrate?

SOCRATE: Per sapere se altri ebbero lo stesso dubbio che ho io, che ci sia qualcosa di errato nel tuo ragionamento, o se invece accettarono di buon grado di ricevere semi in luogo di piante.

VIVAISTA: Errato? Di quale errore parli, Socrate?

SOCRATE: Dell’errore che talvolta fanno coloro che intraprendono viaggi in terre sconosciute, sperando di raggiungere quei luoghi misteriosi di cui parlano le leggende, che nessuno sa esattamente dove siano. Capita infatti che questi esploratori arrivino in un luogo che, per un monte, un fiume o per qualche altro tratto geografico, ricorda ciò che si dice nella leggenda, e concludano che quello sia il luogo che stavano cercando. Allora, sbracciandosi ed esultando, convincono i compagni ad arrestarsi e a fare un accampamento. Mentre, se non fossero stati precipitosi, si sarebbero accorti che nel luogo mancava qualche dettaglio riferito nella leggenda e avrebbero continuato a marciare fino a raggiungere il vero obiettivo.

VIVAISTA: Capisco, Socrate: intendi dire che non ho approfondito abbastanza la questione.

SOCRATE: Dico, vivaista, che non dobbiamo essere precipitosi e non concludere alcunché prima di fare altre indagini, perché non ci capiti come a quegli esploratori che, credendo di avere varcato le colonne d’Ercole, avevano superato solo una coppia di scogli.

(3. Continua)

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