10 gennaio 2006

Recensioni: "L'enfant", di Jean-Pierre e Luc Dardenne

Cinema

Eliseo, Sala Truffat. La sala è quasi vuota ma, vittime dei posti numerati, ci sediamo vicino a una coppia che commenterà le scene a mezza voce per tutto il tempo, come fossero a casa loro a guardare la TV. Lo stile dei Dardenne, in effetti, ha qualcosa del reality.

Trama

Seraing (Belgio). Sonia, diciottenne, vive col sussidio pubblico. Bruno, il suo ragazzo, vive di scippi, commerci loschi e chiedendo le monete per strada. Quando Sonia ha un bambino da lui, Bruno accetta di riconoscerlo in Comune. Poi si informa sul prezzo di mercato dei neonati. Sonia non la prenderà bene.

Cosa funziona

Jérémie Renier (Bruno): molto efficace. Anche nelle azioni più spregevoli, riesce a farti pensare che in Bruno, in fondo, c'è qualcosa di buono.

Déborah François (Sonia): intensa. Debuttante, le tocca un ruolo di ragazza ingenua ma decisa a lottare. I momenti migliori sono quando gioca con Bruno, facendoti capire perché lo ami.

Il welfare belga: funziona. Vediamo dormitori decenti, sussidi che permettono di campare, assistenti sociali efficienti (visitano Sonia a casa dopo il parto, fanno arrivare un'offerta di lavoro a Bruno), poliziotti solerti (arrivano subito se chiamati, trattano i criminali con rispetto). E cittadini che inseguono i ladri che scippano le borse alle signore.

L'analisi sociale: assente. Il primo merito dei Dardenne è che ti mostrano i perdenti. E' un merito perché ti ricordano che, in genere, la parte peggiore della società non la vedi. A un certo punto, Bruno visita sua madre, e lì intuisci che lei non si è mai occupata di lui. Poi, c'è poi un piccolo scippatore che, ti sembra di capire, ha conosciuto solo il riformatorio. Il secondo merito dei fratelli Dardenne è che non incolpano la società. Anzi, si sforzano di mostrarti il welfare, i cittadini onesti, le opportunità che si aprono intorno a chiunque. Non per ideologia (potrebbe essere una teoria reazionaria), ma per rispetto della complessità delle cose.

Lo stile realistico: magistrale. Si ama associare i Dardenne all'estetica del pedinamento di Zavattini. E' il cinema che elimina gli artifici, che mette lo spettatore nel ruolo della spia, che gli fa osservare i personaggi mentre sono di spalle. I Dardenne, in effetti, seguono Bruno ovunque vada, come in un documentario. E lo fanno benissimo. L'unico limite è che lo spettatore, trovandosi in posizione di vantaggio, può sentirsi invitato a giudicare i personaggi. Io me ne astengo volentieri. La coppia al nostro fianco, invece, è caduta subito nella deiezione del commento ("no, ma perché fa così", "ma che stupido che è...", "pensa che invece potrebbe...").

I criminali veri: quelli puliti. Qui un po' di analisi sociale i Dardenne la fanno, mostrandoci che l'economia criminale è come quella legale: le rendite vanno verso l'alto. Bruno ruba e rischia: i profitti grossi li fanno ricettatori ben vestiti nei bar e nei negozi.

Cosa non funziona

Il riscatto di Bruno: poco convincente. Una tesi ricorrente dei Dardenne è che, sul piano morale, siamo tabula rasa: nasciamo brutali, e impariamo ad amare e rispettare gli altri solo grazie al contatto umano. Bruno vive in un mondo di cose: soldi, giubbotti, telefonini. Cresce quando si accorge del male che fa alle persone. Io non ci credo molto. Ad occhio, mi sembra che la gente invecchiando peggiori (a furia di contatto umano). I Dardenne sono seri e non teorizzano. Non aspettatevi fesserie tipo lo spot sulla droga che adesso gira in TV: quello con l'adolescente che è triste e, ti fanno intendere, progetta di bucarsi, ma cambia idea perché papà vuole giocare con lui. Però, il cambiamento di Bruno nel finale mi è parso poco giustificato dalla storia.

Il neonato: poco realistico, nonostante lo stile del film. Mai visto un neonato di pochi giorni che non piange mai.

Durata

Un'ora e mezza. Qualche lentezza.

10 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma se il cinema era vuoto, perché non avete cambiato posto?

Anonimo ha detto...

Me lo chiedo anch'io.

Anonimo ha detto...

A proposito del bambino-angelo: i titoli di coda riportano i nomi di almeno 15 bebè ingaggiati per la parte!

Anonimo ha detto...

Ho notato anch'io. Chissà perché, visto che il volto non si vede quasi mai, non hanno usato un bambolotto.

Anonimo ha detto...

muoversi con un bambino vero in braccio impone agli attori una consapevolezza diversa nei propri movimenti?

Anonimo ha detto...

Sì, probabilmente è per quello.

Anonimo ha detto...

Li avrà forniti il welfare belga.

Anonimo ha detto...

LOL.

Anonimo ha detto...

Io il film l'ho trovato interessante.
Ho scritto la mia recensione sul mio blog: http://www.travirgolette.com/2006/01/15/lenfant/
Ciao!

Anonimo ha detto...

Beh, anch'io l'ho trovato interessante. Anche la tua recensione mi piace. Non mi convince soltanto il riscatto finale, che mi è sembrato un po' ottimistico.