Samuel Johnson, il saggista del Settecento, compilatore di un famoso Dizionario della lingua inglese, e uno dei padri della critica letteraria, mette in guardia le blogstar dal successo che credono di ottenere con polemiche su temi effimeri.
“Fra coloro la cui reputazione è in breve consumata dalla sua stessa abbondanza stanno gli scrittori che sfruttano eventi attuali o personaggi che attirano forti passioni e l’attenzione universale. Non è difficile conquistare lettori se discutiamo una questione che chiunque desidera capire, che è dibattuta in ogni consesso e che ha diviso la nazione in partiti; o quando mostriamo i difetti o le virtù di chi, per la sua pubblica condotta, ha reso quasi ognuno suo nemico o suo amico […].
Ci vuole poco a immaginare attraverso quante ramificazioni di interessi l’ardore di parte si diffonde; e quali moltitudini si credono colpite da qualunque satira o panegirico di un uomo eminente. Chiunque, in qualsiasi momento, abbia avuto l’occasione di citarlo con elogio o disapprovazione, chiunque ami o odi uno dei suoi sostenitori, dato che desidera vedere confermata la sua opinione o sostenere il suo partito, studierà diligentemente ogni scritto dove spera di trovare sentimenti simili ai suoi. Un oggetto, per quanto piccolo in sé, se posto vicino all’occhio si accaparra tutti i raggi di luce; e una faccenda, per quanto insignificante, si gonfia di importanza se è spinta innanzi alla nostra attenzione. Chi studierà i pamphlet politici di un regno passato si stupirà che fossero letti con tanta avidità, o tanto chiassosamente lodati. Molte delle opere che furono capaci di infiammare le fazioni, e di gettare un regno nel caos, hanno ora un effetto modestissimo su un critico distaccato […]. Chi scrive su temi effimeri, mentre dapprima è esaltato sopra i suoi meriti, poi, in proporzione, è abbassato sotto di essi […].
E’ il destino certo dei polemisti, anche quando si battono per verità filosofiche o teologiche, di essere presto messi da parte e disprezzati. O la questione si decide, e non c’è più spazio per il dubbio e l’opposizione, o l’umanità dispera di comprenderla, e si viene a stancare del disturbo.” (The Rambler, n. 106, 1750; traduzione dall’originale; via Crooked Timber)
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