12 settembre 2006

I fatti confermano la teoria dello "Scontro delle civiltà"?

Samuel Huntington è l'autore di "Lo scontro delle civiltà", un libro del 1996 che sosteneva che le identità culturali e religiose sarebbero state la causa principale delle guerre future. Secondo Huntington, gli scontri sarebbero avvenuti non fra stati-nazione, o fra blocchi politici (come nella Guerra fredda, che opponeva la democrazia occidentale al comunismo sovietico), ma fra blocchi di civiltà. Nel suo libro, Huntington individuava una dozzina di blocchi.

Quello dell'origine delle guerre è un vecchio problema. E' sempre esistito un dibattito su quali siano le cause principali. Politologi, scienziati e storici hanno di volta in volta citato cause demografiche (la teoria dello "spazio vitale", la teoria di Tolstoj sui movimenti dei popoli), cause economiche (il controllo delle materie o delle risorse strategiche), cause psicologiche (la teoria che l'umiliazione tedesca dopo Versailles abbia generato Hitler e la seconda guerra mondiale), cause individuali (la teoria dei trascinatori dei popoli: Napoleone, Alessandro, ecc.). Non è un elenco completo.

Ora, la teoria di Huntington è interessante perché ha contenuto empirico: per esempio, predice che in futuro non ci sarà una guerra fra Argentina e Brasile (sono nello stesso blocco di civiltà), mentre ci potrebbe essere fra Cina e Russia (sono in blocchi di civiltà diversi).

Però, c'è il problema che, tranne pochi casi, una guerra coinvolge molte cause possibili. Nell'occupazione britannica dell'Egitto nel 1882 c'era in gioco un solo fattore: il controllo del canale di Suez. La guerra fra Israele e Arabi, invece, coinvolge fattori demografici, economici, psicologici e trascinatori di popoli (Arafat). Che coinvolga anche fattori culturali e religiosi (ebrei da una parte, musulmani dall'altra), in sé non è una conferma della teoria di Huntington.

Questo è un punto che ad Huntington sembra sfuggire. Leggo oggi una sua intervista su Repubblica dove, dopo qualche formula di modestia, dice che i conflitti in corso confermano la sua teoria.

Professor Huntington, lei dieci anni fa ha pubblicato "Lo scontro delle civiltà" [...]. Vi elaborava un nuovo paradigma per la politica internazionale, sostenendo che la causa prevalente di conflitto nel mondo post-Guerra fredda sarebbe stata culturale o religiosa. Ritiene tuttora valido questo schema per gli anni a venire?

Cerco di evitare qualsiasi previsione per il futuro. Chi fa previsioni esprime solamente le proprie preferenze o le proprie paure, e tira semplicemente a indovinare. Di sicuro mi sembra che oggi ciò che ho sostenuto in "Lo scontro delle civiltà" sia estremamente valido in termini di eventi principali e di tendenze in ambito internazionale. Abbiamo avuto l'11 settembre, abbiamo avuto la Jihad, abbiamo avuto i combattimenti fra israeliani e palestinesi. Sfortunatamente, mi sembra proprio che ciò che io avevo ipotizzato potesse accadere, di fatto stia accadendo.

In realtà, le guerre in corso sono compatibili con spiegazioni demografiche (vedi Palestina) o economiche (vedi politica americana in Medio Oriente nel dopoguerra).

Il sospetto che Huntington non sia un logico rigoroso è rafforzato da un altro passo dell'intervista, dove il nostro sposa l'argomento "miliardi di persone non possono sbagliare".

Il novantacinque per cento degli americani crede in Dio. Supponendo che lei sia uno di loro, ha mai avvertito un conflitto fra il suo lavoro scientifico e le sue convinzioni religiose?

[...] Non ho ricevuto alcun insegnamento religioso. Ho sviluppato un senso religioso soltanto quando ho pensato che dovesse esserci una buona ragione per la quale, per tutto il corso della storia umana, quasi tutti i popoli, con qualche eccezione, hanno creduto in un essere o in una forza superiori e in alcuni principi trascendenti. Tutto ciò è rassicurante.

L'ultima frase ("Tutto ciò è rassicurante") farebbe addirittura pensare che Huntington creda all'argomento "mi rassicura, quindi è vero".

4 commenti:

Anonimo ha detto...

per esempio, predice che in futuro non ci sarà una guerra fra Argentina e Brasile (sono nello stesso blocco di civiltà), mentre ci potrebbe essere fra Cina e Russia (sono in blocchi di civiltà diversi)

Come hai già detto, la guerra è un problema complesso, già il semplice definire quali bisogni soddisfa è tutt'altro che semplice.
Per quanto interessante, la tesi risulta davvero riduttiva e tutt'altro che universalmente applicabile.

Ho l'impressione che huntington ragioni da "sbirro da poliziesco": si è convinto a priori di aver capito chi è il colpevole, e cerca prove solo in un senso.

Detto questo, mi chiedo però se abbia individuato i blocchi con esattezza, al di là del problema di un eventuale aggiornamento della situazione.
Le guerre tra stati africani, ad esempio, forse potrebbero coinvolgere un panorama più variegato di quanto non figuri nella sua mappa (che ingloba nello stesso blocco anche il sudafrica) per quanto poco percepibile dal nostro punto di vista; oppure il conflitto tra iran e iraq, che nonostante sembri inseribile nella teoria ma che non viene preso in considerazione da un blocco che ingloba gli sciiti in una generica definizone islamica.

Anonimo ha detto...

Loforestieroprolisso, infatti. La teoria di Huntington è interessante solo se si riesce a definire i blocchi di civiltà in modo indipendente dagli eventi bellici.
Come dici tu, ci sono gli sciiti e i sunniti che si fanno la guerra. Se oggi Huntigton dovesse rifare la mappa, è probabile che li metterebbe in due blocchi diversi, ricorrendo per carità a ottime ragioni storiche per dire che sono proprio due culture diverse.
E però, se si procede così, uno riuscirebbe a giustificare come "scontro di civiltà" anche una guerra fra pisani e livornesi.

Anonimo ha detto...

Huntington non pretende di spiegare tutti i possibili conflitti con la sua teoria, ma individua una tendenza, effettivamente in atto, di aggregazione e divisione in base a criteri culturali. Il che non significa che i vecchi conflitti per la "ragion di stato" verranno meno.
Se avete letto il libro dovreste ricordare che l'autore cerca di costruire un "modello o cartina semplificata del mondo": si vedono delle cose, se ne perdono di vista altre, ma la validità del modello rimane.
Huntington attribuisce forse un'importanza esagerata alle motivazioni culturali, ma l'intuizione -ricordo che il primo articolo è del '93, quando Fukuyama ipotizzava un futuro di pace globale - si è rivelata abbastanza corretta.
E corretta è, in ultima analisi, anche una possibile soluzione che l'autore propone: che l'Occidente perda la sua pretesa universalistica e riconosca uguale "dignità" alle altre civiltà.
Il problema è che giornalisti e politici hanno estrapolato alcuni brani della teoria, e li hanno stravolti a tal punto da farla diventare lo scudo teorico di tante posizioni nazionaliste, militariste e, perchè no, razziste. Esattamente quello che fanno i tanto odiati - da Huntingotn - fondaentalisti islamici.

Anonimo ha detto...

Caro anonimo, se hai letto il post dovresti avere notato che c'è un link alla famosa cartina di cui parli. Su Huntington: se fosse una semplice teoria di aggregazioni e divisioni su basi culturali, sarebbe poco interessante. La sua è soprattutto una teoria sulle guerre: perché scoppiano e fra quali paesi scoppiano. Ha azzeccato il conflitto fra fondamentalisti islamici e Occidente, ma non quello fra Sunniti e Sciiti (come diceva sopra LoForestieroProlisso) e tanti altri che in teoria dovrebbero scoppiare ma non scoppiano: chessò, fra Cina e India (che dio ci scampi).
Sulle estrapolazioni: i giornalisti e i politici sono razze dannate, ma l'idea di fondo che cultura diversa = tendenza al conflitto è tutta di Huntington.
Sulla pretesa universalistica: non mi è chiaro perché dovrebbe perderla l'Occidente. I musulmani non sono universalisti? Al massimo mettiamoci d'accordo di perderla tutti, la pretesa universalista.