02 maggio 2006

Recensioni: "Il regista di matrimoni", di Marco Bellocchio

Cinema

Milano, Excelsior, Sala Mignon. E' il primo maggio. Ci voltiamo e contiamo gli spettatori in sala: 17. Sparpagliati, silenziosi, tutti alle nostre spalle. Nulla ci può disturbare. C'è solo un tizio, distantissimo, che ha in mano un piccolo contenitore di popcorn. "Ma senti che puzza orrenda di popcorn!", dice Angelita.

Trama

Franco Elica, noto regista, è impegnato nel casting di una nuovo film sui "Promessi Sposi". Una giovane siciliana, inseguita da strani picciotti, tenta di vederlo per chiedergli un ruolo. Poi i carabinieri sequestrano la casa di produzione. Elica si ritrova a Cefalù dove, sulla spiaggia, incontra un regista di paese che gira il filmino di matrimonio di una coppia. Elica, installatosi in casa del regista, è ingaggiato dal Principe di Gravina per filmare il matrimonio della figlia, Bona. Che è poi la giovane siciliana.

Cosa funziona

Sergio Castellitto (Franco Elica): eccellente, come d'abitudine. Nelle vicende grottesche che la sceneggiatura gli fa traversare, Elica non perde mai di credibilità: il merito è di Castellitto, che in ogni scena trova la faccia giusta. Castellitto è di gran lunga il migliore attore italiano di cinema.

Donatella Finocchiaro (Bona): eccellente. Il suo è un ruolo di donna succube ma passionale. Molto riuscita la scena dove Bona seduce Elica in chiesa.

Gianni Cavina (Smamma, il regista morto): attore simpatico che, chissà perché, lavora pochissimo. Qui interpreta un regista che, dopo aver girato un film ("La madre di Giuda"), spera di vincere il David di Donatello per mezzo dell'autorevolezza postuma. Un ruolo da pazzo lucido, che Cavina interpreta bene.

Il matrimonio della figlia di Elica (quello con flauto, tamburi e battiti di mani): impressionante. Pensavo fosse un'invenzione grottesca e irridente dell'ateo Bellocchio. Mi dicono che invece è un comune matrimonio neocatecumenale.

La sceneggiatura: intrigante. Più che un film, "Il regista di matrimoni" è una serie di corti. Gli episodi stanno in sequenza ma non si legano bene: ci sono scarti, incongruenze, vuoti narrativi. La cosa non infastidisce: come in un libro di racconti, capisci subito che il senso non sta nelle vicende, ma nei nessi che le tengono insieme. Fra i singoli episodi, molto divertenti quello del filmino sulla spiaggia e quello dove Castellitto canta la serenata ("Lola che dilati la camisa").

La regia: raffinata. Molto efficace l'alternanza fra riprese tradizionali e riprese digitali in bianco e nero. L'idea è mostrare che, nella civiltà della TV e delle telecamere, qualsiasi vicenda è in potenza una vicenda vista, spiata, ripresa da qualcuno. Idea trita, forse, ma messa in atto con grande cura delle immagini. Lo spettatore è continuamente invitato a vedere. Viene in mente Kubrick, forse non a caso citato nel film (il Principe Gravina ricorda che "il cinema è l'arte del montaggio").

Il gioco fra reale e irreale: arguto. Alla fine del film, non sai se la storia è successa davvero. Si dice che la narrazione, letteraria ma anche cinematografica, si regga sulla sospensione dell'incredulità del lettore o dello spettatore. Bellocchio dimostra che si può narrare benissimo anche invitando a non credere.

La religione: criticata, ma senza eccessi. Bellocchio non è solo un ateo: è uno che non crede che i sentimenti religiosi siano genuini. Mettendo in scena una religione ritualistica e ipocrita, Bellocchio sembra voler sfidare i credenti a dimostrare che la religione è qualcosa di più. Restiamo in attesa.

Cefalù e dintorni: bellissimi luoghi. Ho deciso dove farò le vacanze.

Cosa non funziona

I dialoghi: sentenziosi e impagliati, come sempre nelle sceneggiature di Bellocchio. Per fortuna sono dialoghi brevi. E' un film dove si parla poco e si vede molto.

Il tormentone "In Italia comandano i morti": fastidioso. Un film come questo ha il merito di lasciare spazio all'intelligenza dello spettatore. Non propone teorie, non dà spiegazioni, lascia a te di raccogliere e interpretare i suggerimenti che vengono dalle vicende e, soprattutto, dalle immagini. Perché dunque affidare al povero Cavina un comizio sul dominio in Italia del vecchio, dei morti, di ciò che è rispettabile? Dominio reale, peraltro.

Durata

Un'ora e tre quarti, che passano veloci e gradevoli. Bellocchio è l'unico regista al mondo che sa girare film dove non succede nulla ma non ti annoi.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

sui dialoghi pesa molto il doppiaggio di sami frey.
tra le note positive, invece, non si può non citare la colonna sonora.

Anonimo ha detto...

Sì, ma i testi sono scadenti comunque. La musica è piaciuta anche a me ma non mi sento abbastanza competente da esprimere giudizi.

Anonimo ha detto...

Naaaaaah, Kim Ki-Duk è molto più bravo di Bellocchio a girare film dove non succede nulla epperò non ci si annoia.

Anonimo ha detto...

Mah. La solita esterofilia. :-)

Anonimo ha detto...

L'ho appena visto ed ho subito cercato aiuto in rete per capirne qualcosa di più. Particolare, pieno di citazioni da cinefili: certo non un film per tutti. Grottesco e inquietante. Ho apprezzato molto il ritmo: pochi registi hanno ancora il coraggio di fare film senza sensazionalismi ma con dialoghi quasi reali.

Anonimo ha detto...

E' innanzi tutto un'eccellente opera di artigianato del cinema (la fotografia, il montaggio, ...). E se c'è una cosa che certo a Bellocchio non manca è proprio il coraggio.