Secondo la nostra Costituzione, la libertà religiosa è la libertà dei cittadini di professare una fede. L’art. 19 dice:
“Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.
Oggi, i cattolici sentono il bisogno di allargare questo concetto. Primo, dicono che la diffusione di una cultura irreligiosa lede la loro libertà. Durante l’Angelus di ieri, papa Benedetto XVI ha detto che la libertà religiosa, “pur riconosciuta sulla carta, viene ostacolata nei fatti dal potere politico oppure, in maniera più subdola, dal predominio culturale dell’agnosticismo e del relativismo”.
Qui ricordo al papa che la libertà religiosa è una libertà: quindi finisce dove iniziano le libertà altrui. L’essere agnostici o relativisti, e diffondere la propria visione del mondo, fa parte della libertà di opinione dei cittadini. Non mi si può chiedere di stare zitta solo perché i cattolici si sentono un po’ oppressi dal fatto che io abbia idee simili.
Secondo, i cattolici dicono che, affinché abbiano piena libertà religiosa, è necessario che lo Stato paghi le spese. Un esempio, forse meno noto di altri, è quello dell’assistenza spirituale negli ospedali. Nel Concordato (art. 11) si dice che:
“... la degenza in ospedali, case di cura o di assistenza pubbliche non possono dar luogo ad alcun impedimento nell’esercizio della libertà religiosa o nell’adempimento delle pratiche di culto dei cattolici”.
“L’assistenza spirituale ai medesimi è assicurata da ecclesiastici nominati dalle autorità italiane competenti su designazione dell’autorità ecclesiastica e secondo lo stato giuridico, l’organico e le modalità stabiliti d’intesa fra tali autorità”.
Questo è ancora il concetto vecchio di libertà religiosa: i malati hanno diritto di professare il culto negli ospedali; non si può impedire ai sacerdoti di visitarli; le autorità pubbliche devono accordarsi con la Chiesa per stabilirne i modi.
Con il concetto nuovo di libertà religiosa, ciò diventa: sacerdoti retribuiti e alloggiati dallo Stato. Un articolo di Emilio Carnevali e Cinzia Sciuto (“La Chiesa all’incasso”, uscito sul numero 7/2005 di Micromega, e disponibile online qui) cita un recente protocollo di intesa fra la regione Lombardia e la Regione Ecclesiastica Lombardia.
“L’accordo «ha lo scopo di favorire l’esercizio della libertà religiosa, l’adempimento delle pratiche di culto, ed il soddisfacimento delle esigenze spirituali proprie delle persone inferme di confessione cattolica e dei loro famigliari, nonché di quanti operano a qualsiasi titolo nelle medesime strutture, compatibilmente con l’assolvimento dei propri obblighi di servizio» (comma 2, art. 3).
A tale fine, per ogni ente gestore (con questo termine si intendono le «aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere e, in generale, tutte le altre strutture sanitarie pubbliche e private accreditate») «deve essere previsto almeno un assistente religioso». In strutture con più di 300 posti letto gli «assistenti religiosi» saranno due. Oltre i 700 posti letto saranno uno ogni 350.
Quanto alla copertura degli oneri finanziari del servizio, l’articolo 7 comma 2 dell’Intesa afferma esplicitamente che «gli assistenti religiosi sono assunti dall’ente gestore, su designazione dell’ordinario diocesano, con contratto di natura indeterminata, a tempo pieno o parziale. Ai fini dell’assunzione si tiene conto dei requisiti previsti dalla normativa e dai contratti collettivi nazionali vigenti».
Inoltre l’ente gestore deve assicurare «spazi idonei per le funzioni di culto (chiesa o cappella e sacrestia), per l’attività religiosa relativa ai servizi mortuari, ad uso ufficio, per gli assistenti religiosi ed i loro collaboratori, con relativi arredi, attrezzature ed accessori», e mettere a disposizione degli assistenti religiosi «un alloggio, adeguatamente arredato, di regola ubicato all’interno della struttura di ricovero o comunque comunicante con la stessa» (rispettivamente commi 1 e 2, art. 10).
Infine, «le usuali spese di culto, nonché quelle di conservazione degli arredi, suppellettili e attrezzature occorrenti per il funzionamento del servizio, la manutenzione ordinaria e straordinaria degli spazi in uso, le pulizie (escluse quelle dell’alloggio, se esterno alla struttura), nonché le spese di illuminazione e riscaldamento di tutti i locali adibiti al servizio di assistenza religiosa, sono a carico dell’ente gestore» (comma 4, art. 10).
Mi sono permessa di mettere in neretto i punti salienti. Qui trovate il pdf del protocollo, dove appunto si richiama l’art. 11 del Concordato. Intese simili, ci informano Carnevali e Sciuto, sono state firmate dalle regioni Sicilia (centrodestra), Umbria (centrosinistra), Puglia (centrodestra), Toscana (centrosinistra).
Che c’è di male, direte, nell’assumere sacerdoti negli ospedali? C’è che vìola una serie di principi.
1) Uguaglianza dei cittadini: la regione Lombardia garantisce l’assistenza religiosa ai soli cattolici, in contrasto con l’art. 2 della Costituzione.
“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, …”.
2) Regola del concorso pubblico: anche gli insegnanti di religione sono designati dai vescovi ma, per essere assunti, devono superare un concorso pubblico. Finora, i concorsi sono stati banditi per un numero di posti pari al numero di insegnanti da nominare: quindi, sono una foglia di fico. Qui è sparita pure quella. L’art. 97 della Costituzione dice:
“Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge”.
“Salvo i casi stabiliti dalla legge”: può darsi che questo sia uno dei casi immaginati dal Costituente? Non so. Vi dico solo che, subito dopo, l’art. 98 recita:
“I pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione”.
3) Uso efficiente del denaro dei cittadini: attraverso l’otto per mille, lo Stato italiano eroga un finanziamento ingente alla Chiesa Cattolica (circa un miliardo di euro). Dare uno stipendio ai sacerdoti per lo svolgimento del loro ufficio (assistenza religiosa vera e propria, non insegnamento come nel caso delle scuole) è una duplicazione di spesa.
4) Autonomia amministrativa: il protocollo fissa senza deroghe il numero di assistenti religiosi da assumere. Alle ASL e alle aziende ospedaliere non è concesso di valutare la congruità del numero in funzione delle esigenze locali. Un ospedale che, poniamo, ospitasse soprattutto pazienti musulmani dovrebbe comunque assumere il numero prefissato di sacerdoti cattolici. Inoltre, i dirigenti sanitari non hanno facoltà di opporsi a una nomina che giudichino inadeguata (non tutti i preti sono adatti a stare negli ospedali).
5) Separazione fra Stato e Chiesa: se lo Stato italiano avesse il potere di designare i vescovi, diremmo che la Chiesa italiana non è libera. Che dobbiamo dire quando la Chiesa nomina i dipendenti pubblici?
6) Autonomia della Chiesa: so che oggi i politici fanno a gara per ottenere il favore del Vaticano ma, in teoria, sacerdoti pagati dallo Stato danno potere contrattuale a quest’ultimo. In una fase politica diversa, il governo italiano potrebbe minacciare la Chiesa di mettere sulla strada i sacerdoti assunti. Anche oggi, gli stessi fedeli potrebbero chiedersi quanto siano credibili i giudizi espressi dai vescovi su amministrazioni regionali con cui stanno negoziando intese come quella lombarda.
Si poteva fare altrimenti? Certo. Sarebbe bastato che le diocesi designassero una lista di sacerdoti. Le ASL e le aziende ospedaliere, dopo verifica di un minimo di requisiti professionali, avrebbero dato loro accesso libero, giorno e notte, nelle strutture. Lo stipendio, gli assistenti religiosi lo avrebbero preso dalla Chiesa, come i sacerdoti comuni, grazie al miliardo di otto per mille. Per quanto riguarda il servizio di notte, quello lo fanno anche i medici e gli infermieri. Senza alloggi nell’ospedale. Per gli assistenti religiosi, immagino che una stanzetta dove fare un sonnellino sarebbe stata più che sufficiente. Gli alloggi ora assegnati a loro sarebbero stati utili per altri servizi (che so, un mini-nido per i bambini delle mamme degenti).
Ma, capite, tutto questo avrebbe leso la “libertà religiosa”.
O, meglio, il suo concetto nuovo.
15 commenti:
Ecco, questa è una di quelle rare volte in cui non posso fare altro che alzarmi in piedi ed applaudire.
Grazie. Mi piacciono gli applausi. :-)
Servirà a nulla, ma Zagrebelski si è già espresso sull'incostituzionalità del provvedimento (dopo il lungo intervento su "Repubblica" di qualche gg fa in cui criticava la mutazione, attualmente in corso, dei rapporti tra Chiesa cattolica e Stato italiano). una stringatissima sintesi del pezzo di Zagrebelski, qui
http://it.news.yahoo.com/051125/26/3hypq.html
Non è detto che non serva a nulla. Basterebbe che qualche dirigente di ASL licenziasse un assistente religioso e, nella causa del lavoro che ne seguirebbe, sollevasse l'eccezione di costituzionalità. Non sono una giurista, ma credo che l'art. 98 basterebbe a rendere la questione "non manifestamente infondata".
Il problema è che per un dirigente di ASL delle regioni in cui è stato varato il protocollo, licenziare un assistente religioso sarebbe, temo, un suicidio politico e professionale.
Difficile darti torto. In teoria, questo è il tipo di azioni che dovrebbe essere preceduto da un cambio della maggioranza in Regione. Per quanto mi riguarda, uno dei dati più sconsolanti è che questi protocolli sono stati approvati da giunte sia di centrodestra sia di centrosinistra. Per esempio, in Puglia firmò Fitto; ma ora che lì c'è Vendola, comunque non ce lo vedo molto a prendere iniziative contro la Chiesa... Io più che lanciare piccoli gridi di dolore via blog non posso fare. Poi, chissà, magari qualche dirigente sanitario prossimo alla pensione, desideroso di riscattare una carriera fatta di compromessi, e pronto a gesti estremi, ci legge e... :-)
qui c'è il testo integrale dell'articolo di Zagrebelsky. (e mi unisco: brava Angelita.)
ops! dimenticavo il link (copia-e-incolla):
http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=rassegna¤tArticle=96KTQ
Grazie Tommaso. Mi permetto di fare un link vero e proprio per facilitare i lettori. L'articolo di Zagrebesky è impeccabile e importante, anche se sembra quasi auspicare che la Chiesa recuperi i suoi valori originari (o conciliari, quanto meno). Io invece dalla Chiesa non mi attendo nulla, e sarei per passare subito alle maniere forti...
Eh. Un obiettivo scomodo, viste le tendenze già tratteggiate del direttivo... di questo passo sembra non impossibile l'ascesa di un nuovo potere temporale romano.
Secondo me, a parte questi discorsi che ci facciamo fra di noi, e che credo interessino i soliti quattro gatti, bisognerebbe risvegliare un certo sano anticlericalismo popolare che, in realtà, in Italia c'è sempre stato. Una delle frasi preferite di mia madre, che non è un monumento di istruzione, è "Non c'è prete che non abbia la pancia". E parlo di una persona che va regolarmente a messa. Forse bisognerebbe ripartire da qui.
cara Angelita, ho letto con piacere ed interesse, grazie.
Forse e' il concetto di liberta' che a noi miscredenti sfugge,
che per la chiesa la liberta' dal peccato significa che il peccato non c'e' piu',
non che si e' liberi di non peccare.
Insomma, in un mondo paradisiaco dio provvede a liberarci
di tutto quello che e' altro rispetto alla retta via perche', non potendo,
noi proprio non si possa commettere errori.
Piu' che noi loro, visto che probabilmente io sto nell' "altro".
Ciao, monkey
Caro Monkey, immagino che tu abbia ragione: i cattolici si sentirebbero pienamente liberi solo in una ben instaurata città di Dio. Una ragione in più per stare in guardia, per noi che non ci vogliamo abitare.
Una delle cose che sempre mi ha fatto riflettere è stato l'atteggiamento di uno dei maggiori uomini di scienza e di pensiero della storia, Sir Isaac Newton, nei confronti dei cattolici (ne spedì qualche migliaio a morire sulla forca). Non che io auspichi gli stessi metodi, s'intende. Però, ripeto, è una cosa che mi ha sempre fatto pensare.
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