08 dicembre 2005

La TAV in Val di Susa (2/2)

Cacciati dalla polizia, gli oppositori alla TAV stanno rioccupando il cantiere di Venaus con la forza. Sull’opportunità del blitz dell’altro ieri, segnalo un commento di Luigi La Spina su La Stampa:

“Non c’erano motivi immediati e gravi per una decisione da prendere sul campo da parte dei responsabili locali dell’ordine pubblico. In altri casi, lo ricordiamo, come nell’autunno del 2003, a Scanzano Ionico, dove si protestava contro lo stoccaggio dei rifiuti nucleari, o nel Salernitano, l’anno dopo, contro la discarica di Parapoti, occupazioni, prolungate per giorni, di autostrade e di ferrovie fondamentali per i trasporti dell’intera Italia centro-meridionale non diedero luogo ad analoghi comportamenti del governo. […]

Sulla questione dell’Alta Velocità in Valsusa è diffuso, bisogna dirlo con chiarezza, il sospetto di una pesante strumentalizzazione politico-elettorale.”

La Spina cita due casi, a Scanzano Ionico e a Parapoti, di NIMBY (Not in My Back Yard): residenti locali che rifiutano di ospitare un’opera utile per la comunità nazionale. Una situazione NIMBY accade quando i benefici di un’opera superano i costi, ma:

  • i benefici sono diffusi fra molti;
  • i costi si concentrano su pochi.

Nel caso del traforo in Val di Susa, l’alta velocità dovrebbe favorire il commercio internazionale. Il setificio di Como, poniamo, potrà vendere meglio la sua seta in Francia; il buongustaio di Genova pagherà meno il paté; infine, se ci sarà commercio di transito (da estero verso estero), ci sarà uno scalo intertrasporto ad Orbassano.

Il residente della Val di Susa dice: io, invece, avrò una valle più inquinata.

In un paese libero, i cittadini hanno il diritto di far valere i loro interessi particolari (tutta l’economia di mercato si regge su questo). L’alternativa sarebbe dire che il residente della Val di Susa ha il dovere morale di sacrificarsi perché il setificio di Como venda di più, il buongustaio di Genova paghi meno e ad Orbassano nascano vettori per l’intertrasporto. Questa è, in effetti, l’idea che abbracciano liberali alla Mario Cervi, che su Il Giornale accusa i residenti della Val di Susa di emotività e chiede loro, se non vogliono il traforo, di esibire progetti alternativi (dando per scontato, appunto, che debbano prendersi carico dei piani nazionali di trasporto).

Per fortuna, se un’opera è vantaggiosa, per definizione crea ricchezza. E, se crea ricchezza, possiamo distribuirne una parte ai cittadini danneggiati dall’opera, per compensare i loro costi. In pratica: il NIMBY si risolve con negoziazioni e indennizzi in moneta (esenzioni fiscali, bonus) o in natura (investimenti in scuole, ospedali o altre opere gradite dai residenti).

Per esempio, quello delle compensazioni è l’approccio che ha permesso alla Francia di costruire centrali e depositi di scorie nucleari. In Italia, invece, la prassi sembra: decidere in alto, informare i residenti a scelte fatte, invocare l’interesse nazionale superiore, ignorare la questione delle compensazioni finché non scoppia il conflitto.

E’ chiaro che, per stabilire le compensazioni, occorre che i vantaggi della TAV siano reali (alcuni non lo credono). E bisognerebbe stimare i costi ambientali effettivi per la Val di Susa (quanto sarà l’amianto?). L’avere proclamato che la TAV era da farsi, in nome del progresso, e senza nessuna di queste stime, è più da Unione Sovietica che da paese democratico. C’e poco da stupirsi se poi il ministro ringrazia i poliziotti per avere menato i cittadini.

2 commenti:

paulista ha detto...

La madre di tutte le risposte al tuo post la dà Stefano Benni tramite il blog di Beppe Grillo. http://www.beppegrillo.it/2005/12/gli_uomini_dell.html
Nessuna opera che incrementi la mobilità delle merci passando attraverso buchi nelle montange può dirsi vantaggiosa.
Nessuno ha bisogno di ulteriore mobilità, c'è bisogno solamente di pianificazione, oggetto misterioso che raramente transita sui tavoli di coloro che decidono.

Anonimo ha detto...

Paulista, trovo sempre che Benni mescoli intuizioni giuste (meglio cominciare con il far funzionare le cose che ci sono, meglio cercare il progetto migliore, non il progetto che fa fare più affari) con una sua divisione del mondo in buoni e cattivi cui io (starò diventando vecchia) non credo più. Sulla mobilità delle merci, temo che nel mondo moderno serva. Se poi ci vogliano i tunnel o gli aerei, i buchi in alto o in basso, in Val di Susa o altrove, questo sono faccende da risolvere con le ricerche e la calcolatrice. Per poi presentarsi con un'offerta ai cittadini interessati. Io credo che sarebbe davvero tutto molto semplice, volendo.