29 novembre 2005

“Ogni cosa è illuminata”, di Liev Schreiber

Cinema

Milano, Eliseo, Sala Truffaut. “Il romanzo ti era piaciuto?”, dico ad Angelita. “Eh?”, dice lei. “Ti ricordi? Te lo avevo regalato.”, dico. “Sì”, dice. “Poi non mi avevi detto niente”, dico. “Di cosa parlava?”, dice. “Di un giovane ebreo che va in Ucraina per cercare qualcuno. Citati aveva scritto un lenzuolone entuasiasta”, dico. “Ah. Me lo avevi regalato per quello?”, dice, nel chiaro tentativo di sviarmi. “Ma l’hai letto?”, dico.

Trama

Ucraina, giorni nostri. Jonathan Safran Foer, un giovane ebreo americano, è ossessionato dal conservare i ricordi. Quando la nonna muore, riceve da lei una foto ingiallita che ritrae il nonno in Ucraina con una ragazza. Sul retro della foto, una frase del nonno ne ricorda il nome, Augustine, e come lo avesse salvato durante la seconda guerra mondiale. Jonathan parte per l’Ucraina per saperne di più. Sul posto, un’agenzia turistica a gestione decisamente familiare lo aiuterà nelle sue ricerche.

Cosa funziona

I personaggi: vivi, attraenti, ben caratterizzati.

I dialoghi: divertenti. Alex, l’interprete ucraino, parla un inglese buffo che i traduttori riescono a rendere bene in italiano. Alex usa “angosciato” al posto di “infastidito, preoccupato, insoddisfatto” o di qualunque participio che esprima disagio; “superiore” al posto di “bello, buono, efficace” o di qualunque aggettivo con sfumature positive; “non è possibile che” al posto di “non si può, non si deve, non è capace” e di qualunque altra negazione; e così via. Invece di un effetto alla Nino Frassica, ne viene fuori una visione del mondo, molto più solida di quella che Jonathan esprime col suo inglese appropriato.

Elijah Wood (Jonathan): abile. L’aspetto di Jonathan è a metà fra il geek e l’uomo impenetrabile alla Peter Sellers (di Oltre il giardino). La missione di Wood era darsi una maschera di inespressività e, allo stesso tempo, permettere che, nei momenti giusti, il personaggio esprimesse sentimenti senza apparire ridicolo. Ce la fa.

Eugene Hutz (Alex): travolgente. In teoria in un ruolo di appoggio, in realtà attira su di sé tutta la tua attenzione. E’ simpatico, energico, carismatico. Hutz, qui al debutto, di solito ha i baffi e canta coi Gogol Bordello, un gruppo gipsy punk che non conoscevo ma, almeno a giudicare dai 622.000 risultati su Google, ha un seguito. Neanche sapevo che esistesse il gipsy punk, a dire il vero. E’ dei Gogol Bordello anche una parte della colonna sonora (gradevolissima).

Il cane Mikki (Sammy Davis Jr. Jr.): un vero attore, e non la solita bestia ammaestrata tipo Commissario Rex. Sembra sentire sul serio le varie atmosfere del film. Non capisco perché, in mezzo a mille categorie futili degli Oscar, non ci sia un premio per la migliore recitazione di un animale (niente battute scontate, per favore).

La regia: brillante, soprattutto nella prima parte del film, dove in cinque minuti riesce a dirci tutto di Alex e della sua famiglia. Anche Liev Schreiber, un attore specializzato in seconde parti, era al debutto.

Cosa non funziona

Nulla. Avverto che, comunque, si tratta di un piccolo film. O meglio, è un film “superiore”, come direbbe Alex, ma proprio nel senso in cui non cerca di esserlo:

  • non ci sono approfondimenti storici sulle persecuzioni subite dagli ebrei in Ucraina;

  • non ci sono riflessioni filosofiche sul valore della memoria, che pure è il tema conduttore del film;

  • non ci sono tentativi di sorprenderti nel finale, che è quello più semplice e prevedibile.

Insomma, è un film che ti piace soprattutto per la grazia e la freschezza con cui resta nei suoi limiti. Anche se non puoi che trovare sentimentale l’idea che “ogni cosa è illuminata dal passato”, la cosa non ti disturba, proprio perché nessuno cerca di impartirtela come lezione.

Durata

Un’ora e tre quarti molto piacevoli.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

sei un mostro di bravura.

Anonimo ha detto...

Grazie. Esageri.

Anonimo ha detto...

Manca solo un commento sul nonno di Alex, che non è un personaggio secondario del film.
Per il resto molto molto ben commentato. Grazie!

Anonimo ha detto...

giusto, il nonno è pure importante e boris leskin non è neanche l'ultimo venuto... bel commento però!