09 novembre 2005

L’angolo allegro. Meditazioni sulla morte (4/4)

Dicono: fossi immortale ti annoieresti. Puoi avere progetti, desideri, aspirazioni ma, con una vita eterna, arriveresti a realizzarli tutti. Poi dovresti ripetere, e i tuoi giorni avrebbero il gusto della minestra riscaldata. Alla lunga, ti ridurresti come gli Iperborei, il popolo di immortali di cui parla Giacomo Leopardi nel Dialogo di un fisico e di un metafisico. Gli Iperborei, dice, non hanno “infermità né fatiche né guerre né discordie né carestie né vizi né colpe; contuttociò muoiono tutti: perché, in capo a mille anni di vita o circa, sazi della terra, saltano spontaneamente da una certa rupe in mare, e vi si annegano”.

Sento spesso questa teoria in TV, in quei programmi con ospiti quando si parla di “grandi temi”. Di solito, è un intellettuale sfavorevole a qualche ricerca medica. Primo, dice, quella ricerca medica è una violenza sulla natura; secondo, c’è in corso un tentativo dell’uomo di negare la morte; terzo, il sogno di essere immortali è stupido perché, appunto, a essere immortali ci annoieremmo. Fossi in TV, ribatterei: “Sa che divertimento sotto terra”. Ma qui sto meditando, e devo esaminare la questione più a fondo.

Appena lo faccio, scorgo in questa teoria l’abitudine a dipingere, quando serve, gli esseri umani più belli di come sono. In questo caso, a farli dinamici, vogliosi di novità, propensi ad annoiarsi se non hanno rivoluzioni tutti i giorni. In logica, questo è un tipico argomento ad adulationem, dove sei obbligato ad accettare la conclusione se non vuoi sminuire te stesso. Esempio:

“Una persona intelligente come te non può che apprezzare questa idea”.

Qui invece abbiamo:

“Una persona con tante aspirazioni come te non può che annoiarsi senza progetti nuovi”.

La realtà, mi sembra, è che se sei insoddisfatto vuoi cambiare; ma se trovi qualcosa che ti piace ripeti volentieri.

Prendiamo il calcio. Che succede ai tifosi se la loro squadra vince una partita? Forse che, sazi, la domenica dopo non vanno allo stadio? O non ci vanno semmai con più gusto di prima, sperando di vincerne una seconda? E dopo la seconda una terza? Se poi la squadra vince lo scudetto, o addirittura tutte le competizioni della stagione, dovremmo dire che i tifosi hanno realizzato un sogno. Nella stagione successiva, la squadra potrebbe al massimo ripetersi. Se fossero così pronti ad annoiarsi, da quel giorno i tifosi dovrebbero disertare lo stadio. Ma non succede in questi casi proprio il contrario? Che, sull’onda dell’entusiasmo, c’è il record di abbonamenti e la squadra inizia il campionato con lo stadio pieno? E non è lo stesso negli altri sport? Non ci sono ogni anno le stesse competizioni e i tifosi che si augurano, se i loro “beniamini” hanno perso, che vincano, e se hanno vinto che vincano di nuovo?

Lo stesso, mi pare, capita nella vita. Perché sei un tifoso di te stesso. Per esempio, ho un amico che ha l’hobby delle navi in miniatura. Prima fece un veliero. Poi una trireme. Poi un galeone. E’ instancabile. Ogni nave gli prende mesi, e ora ha iniziato un vascello. Fosse immortale che farebbe? Le flotte. E, allo stesso modo, vedo che chi ama i soldi non è mai pago di accumularne. Che chi ama i libri se ne riempie la casa. Che chi seduce una donna poi occhieggia all’amica.

Quanto ai progetti, alle cose importanti che danno senso alla vita, tendi a rimandarle. I giovani, che sono nel periodo migliore per avviare progetti, persistono nel cazzeggio il più a lungo che possono. Il lavoro, il matrimonio, il che fare di se stessi, ci pensano giusto perché non sono immortali: a un certo punto, li prende il panico che rimandando ancora sarebbe troppo tardi per cominciare.

E gli anziani? In teoria sono nella situazione degli Iperborei: non hanno più progetti da realizzare. Alcuni, coi figli assenti, senza nipoti da curare, non hanno proprio occupazioni. Ma, se sono in salute, hanno qualche soldo, altri anziani cui telefonare, un bar dove giocare a carte, un gatto da curare, una TV, stanno benissimo. Provate a portarli su una rupe e accennare all’inutilità della loro vita: chiameranno i carabinieri.

Mi pare dunque che, più che a Leopardi che si scocciava di tutto, assomigliamo ai cani, che ogni volta che tiri un bastone sono felici di riportartelo. Concludo che, fossimo immortali, sapremmo appagarci delle attività ripetitive. E, quando proprio ci convincessimo che ci serve un progetto serio, l’immortalità si adatterebbe benissimo alla nostra strategia preferita: rinviare l’inizio a domani.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bella questa cosa; insomma, l'obiezione 'Meno male che siamo mortali altrimenti ci annoieremmo tremendamente' (stavo per dire 'a morte') dovrebbe diventare 'Meno male che siamo mortali altrimenti passeremo il tempo a cazzeggiare'.
Io mi vedo bene, a dire tutti i giorni 'Comincio domani'.

Anonimo ha detto...

Oppure: peccato che non siamo immortali; se no potremmo stare tutto il tempo a cazzeggiare.