“Stolto”. Eh? Chi è? “Poco fa dicevi: i beni hanno valore o non hanno valore. Ma poi, come se la risposta fosse avvio, proclamavi che, siccome hanno valore dobbiamo piangerne la perdita che ci verrà con la morte. Se ti fossi interrogato sul serio, per riflettere se i beni abbiano valore o no, ti saresti accorto che non ne hanno: proprio perché tutti i beni di cui parli, la ricchezza, le polpette, l’amore, il corpo, sono caduchi. Ti affanni e tieni duro per che cosa, se sono destinati a finire?” Polpette? “Stolto, stolto e di nuovo stolto. Dici di meditare! E non vedi ciò che è più importante nella morte: che rende vani i beni che da vivi ci illudiamo di guadagnare”.
Mi sveglio. A furia di meditare, mi sono addormentato con la testa sulle carte. Dal sapore in bocca apprendo che non ho digerito bene il pranzo. Troppe polpette alle melanzane (che buone, però). Mi vergogno della duplice debolezza (le polpette e il sonno). Ma questa voce senza volto, che nel sogno veniva come dall’altra stanza (controllo: no, non c’è nessuno) mi faceva un’obiezione. Mi rimetto a lavorare, prima che il ricordo svanisca.
La voce diceva che nulla ha valore se passa. Cioè: è prezioso solo ciò che dura in eterno. Forse nel sogno facevo parlare Miguel de Unamuno. Ricordo che, nel Sentimento tragico della vita, diceva che la morte toglie senso a ciò che facciamo. Oppure era Jean-Paul Sartre? Dov’era, nell’Essere e il nulla o nella Nausea, che diceva che, alla fine della vita, non c’è differenza fra l’essere stati Bonaparte o un ubriacone del bar?
Questa teoria è simile a ciò che ti capita quando i tuoi nemici hanno successo: invidioso, fantastichi che costoro, per un cambio di fortuna, o perché il mondo scopre i loro vizi, che a te paiono così visibili, perdano i loro beni. Dopo avere enumerato le circostanze in cui potrebbe accadere, se nessuna ti pare credibile inizi a consolarti pensando che, comunque, perderanno tutto quando moriranno. E’ come il detto che ti invita a sederti sulla riva ad aspettare il cadavere del nemico: a trarre gioia maligna dalla provvisorietà dei beni.
Allora la voce senza volto ha ragione? La caducità dei beni ne sminuisce il valore? O l’annulla? Prima di dirlo, devo curarmi di non confondere l’invidia e gli altri istinti con la ragione. Devo pensare che gli stessi beni di cui ti consoli quando li hanno gli altri, ricordandone la caducità, quando li hai tu ti piacciono. A quanto pare, la caducità non ha sempre questi effetti disastrosi. E devo pensare che molti, per questa via, tentano di distruggere i tuoi beni migliori: ti mettono in guardia dalla bellezza perché sfiorisce, dalla passione perché ti spegne, dalla giovinezza perché termina. Si tratta di preti e moralisti: se li ascoltassi, e rinunciassi a un bene oggi perché in futuro lo perderò, che otterrei? Di vivere come un morto quando ancora sono vivo.
Mi determino a due cose. Primo, penserò che i miei nemici, essendo come me, godono come ricci dei beni caduchi che hanno. Invece di fabbricare fantasie maligne, che non fanno ai nemici danno alcuno, o di attendere la loro morte lungo i fiumi, cercherò di procurarmi anch’io i beni che amo. Secondo, nel valutare questi beni, non mi preoccuperò che non posso portarmeli nella tomba. Mi dispiacerò della morte, e della loro perdita futura: ma non per questo crederò che siano meno beni di quanto sono.
E a una terza cosa mi determino. Se tu, voce senza volto, tornassi da me nel sonno, a misurare la vita col metro della morte, rifiuterò di parlarti. Perché, dicendo che la morte rende inutili i beni, è come se dicessi che la polpetta è cattiva perché sparisce una volta che finisci di mangiarla. Col che dimostri che non hai capito cosa è il mangiare. E cosa è la vita. Stolta.
3 commenti:
tutto e' vanita'.
Se fai i conti riguardo alla vita, non ci puoi mettere dentro anche la morte.
Il risultato sarebbe sempre 0.
Cecco, non vedo il perché.
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