03 ottobre 2005

“La damigella d’onore”, di Claude Chabrol

Cinema

Milano, Arlecchino. Prima dell’inizio, proiettano un lungo trailer di “La tigre e la neve”, il nuovo film di Roberto Benigni. Filter resta a bocca aperta: la storia è identica a questo momento carino del venerdì, cammello compreso.

Trama

Nantes. Philippe è un giovane geometra. Al matrimonio della sorella conosce Senta, la damigella d’onore. Il giorno stesso, Senta lo seduce e lo invischia in un rapporto passionale. All’inizio, Philippe paga la cosa con occhiaie e disattenzione sul lavoro. Poi, Senta gli chiede di dimostrare di essere speciale. Secondo Senta, per essere speciali occorre 1) avere scritto poesie, 2) avere piantato un albero, 3) aver fatto l’amore con qualcuno del tuo sesso, 4) avere ucciso una persona. Philippe si accontenterebbe di 1) e 2). Senta pare interessata soprattutto a 4).

Cosa funziona

Laura Smet: già apparsa (con qualche chilo in meno) in La donna di Gilles, sembra specializzata nel ruolo della donna che succhia il cervello all’uomo. In La donna di Gilles tirava scemo il cognato. Qui strega Philippe, attirandolo in una situazione classica: quella degli amanti segreti e isolati che, in virtù di una relazione di pelle, credono di essersi staccati dal resto dell’umanità. La Smet ha il viso troppo largo per essere bella, ma è liscia e tonda quanto basta per giustificare l’eccitazione di Philippe. Inoltre, riesce a tenere lo spettatore nel dubbio se il personaggio sia una mitomane, una psicopatica, o solo una ragazza che avrebbe bisogno di uscire di più.

La regia: di Claude Chabrol. Non c’è bisogno di aggiungere molto. Ogni tanto lo si paragona a Hitchcock. In effetti, lo ricorda per le scene nitide, ricche di dettagli, fatte apposta per stimolare l’attenzione. E, allo stesso tempo, per il riuscire a stare sempre un passo avanti allo spettatore nella narrazione.

Cosa non funziona

Benoît Magimel (Philippe). Mi sembra che per farsi sconvolgere dalla pelle come capita al personaggio occorra essere giovanissimi, cosa che Philippe non è, o avere conservato intatto il proprio lato selvaggio, cosa che Magimel non dimostra: il meglio di sé sembra darlo nella faccia da bravo ragazzo (suscitando mormorii di approvazione delle signore in sala). Non ci fa capire granché di ciò che accade nella sua testa.

Il finale: non solo è banale, ma ti fa dispiacere tutto il film. Gli episodi che, mentre li guardavi, ti sembravano significativi e in attesa di sviluppi, nel finale si dimostrano artifici di sceneggiatura. Ti senti come se ti avessero venduto un puzzle della Gioconda e poi scoprissi che mancano i pezzi della bocca. In un thriller come questo, con molti personaggi, il finale migliore è quello alla Agata Christie: riunirli tutti in una stanza e far fare a qualcuno il ruolo di Poirot.

Durata

Un’ora e quarantasette di piacere e tre minuti di finale, con tutta l’insoddisfazione retroattiva che ne segue.

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Giustissima l'osservazione su Philippe, sembra che faccia quello che fa perché gli hanno detto che deve fare così, e lui esegue senza discutere. Ma anche Senta: non mi è sembrata né abbastanza cavallo nella sua pazzia né così lucida da far immaginare motivazioni imprevedibili. Aggiungi che la madre di Philippe subisce gli eventi come scrosci di pioggia in primavera, e i due ballerini di tango messì lì non ho capito a far cosa. Totale, sono uscito piuttosto deluso dal cinema. Non un brutto film, ma un po' frigido.

Anonimo ha detto...

Aggiungo anche la sorella piccola di Philippe, che lo scenggiatore trasforma in ladra al solo scopo di portare Philippe al commissariato, senza neanche prendersi la pena di farcela vedere. O il Gerardo Cortese stesso, che non si capisce perché sparisca, e in effetti è stato messo lì solo perché ci sia qualcuno da uccidere...

Anonimo ha detto...

Già. E un'altra cosa: perché il cameriere del ristorante si sofferma sulla porta ad origliare le telefonate di Philippe? Sembra il tipico che la sa lunga, ma poi sparisce nel nulla.
Come si suol dire in questi casi, "bisognerebbe aver letto il libro".

Anonimo ha detto...

E il poliziotto che schiaccia una cacca pedinando Philippe? E la pettinatura fuori epoca del marito della sorella? Si potrebbe fare un gioco di società: "in questo film ci sono ventisette dettagli senza motivo, provate a indovinarli". Penso anch'io che forse è roba che stava nel libro, oppure c'era un director's cut di tre ore e mezza in cui si capiva tutto.

Anonimo ha detto...

magari han fatto casino col montaggio, succede. ogni tanto un regista gira un film e poi se lo ritrova nelle sale montato a cazzo con 27 o 37 o 47 etc dettagli incomprensibili. Spesso il regista a seguito di ciò si incazza e cambia produttore: il che è comprensibile.

Anonimo ha detto...

Peccato comunque perché Chabrol ha girato film assai memorabili: "La femme infidele" del '68 era proprio bello.

Anonimo ha detto...

Davide, quel film in particolare non l'ho visto, ma in genere Chabrol mi piace: spero sia come dici tu, e non una qualche forma di rincoglionimento (ormai anche lui ha la sua età).