12 luglio 2005

Dialogo fra Socrate e un marinaio (parte 2)

Riassunto della puntata precedente: Socrate rincorre un marinaio all’uscita di una locanda; raggiuntolo, i due si siedono ai piedi di un albero; il marinaio chiede a Socrate perché lo rincorresse.

SOCRATE: Te lo dirò, marinaio. Ha a che fare, il motivo, con un inconveniente dell’essere filosofo.

MARINAIO: Quale inconveniente, Socrate?

SOCRATE: Quello, marinaio, di dovere dibattere con gli allievi e gli amici non solo quando, animati da un demone buono, sono desiderosi di conoscere le cose; ma anche quando rifiutano di servirsi della ragione, così che bisogna convincerli con altri mezzi.

MARINAIO: Pensavo, Socrate, che fra filosofi, vi serviste sempre della ragione.

SOCRATE: Infatti, marinaio, tutti dicono di farlo. Ma la ragione ha una natura particolare per cui non nessuno può servirsi di lei senza, allo stesso tempo, farsi servo suo, lasciando che, attraverso il distinguere, il congiungere e le altre operazioni che le sono proprie, ci porti dove vuole. Perché, marinaio, che significa ragionare se non discutere le cose giurando a noi stessi e agli altri di sottometterci a qualunque conclusione arriviamo, anche se ci è sgradita, quando i fatti e gli argomenti la sostengono? Non trovi, marinaio?

MARINAIO: Immagino di sì, Socrate. Anche se, ti confesso, non ho mai riflettuto molto su questo problema.

SOCRATE: Pensa a questo, allora, marinaio. Quando il pilota della nave deve decidere la rotta e non ha terre o altri riferimenti per orientarsi, come fa? Mi dicono che guardi il cielo e, a seconda di dove stanno il Carro, l’Orsa e le altre stelle, punti il timone di conseguenza. E’ vero? Non fa così?

MARINAIO: Così, Socrate, e come altrimenti?

SOCRATE: Benissimo. Immagina invece un pilota che, senza guardare il cielo, punti il timone in una direzione e poi dia i nomi alle stelle, dicendo quella è l’Orsa e quello è il Carro senza cura di averli azzeccati, in modo che, stando quelle stelle dove dice che siano, la rotta che ha deciso ne sia confermata. Che diresti di costui, marinaio? Che è un bravo pilota?

MARINAIO: No di certo, Socrate.

SOCRATE: E che dovremmo fare con lui, se non dirgli di prendere la nave e di salpare, e di vedere da sé dove lo porta la sua tecnica di navigazione? Purché, è chiaro, ci lasci a terra e non pretenda che lo accompagniamo. O forse dovremmo salire a bordo con un simile pilota, marinaio?

MARINAIO: No, Socrate. Dovremmo lasciarlo salpare, e vedere dove va.

SOCRATE: Ma immagina che tu, marinaio, sia già a bordo e scopra che il pilota punta il timone e poi dà i nomi alle stelle secondo la sua convenienza quando siete in mare aperto. Che dovresti fare, allora?

MARINAIO: Forse buttarlo in mare, Socrate?

SOCRATE: Sì, se fosse necessario, perché tu, i tuoi compagni e la nave con il carico non abbiate a perire. Ma non cercheresti prima di convincerlo? E non gli racconteresti del Carro e dell’Orsa e tutte le storie su come nacquero quelle stelle, facendogli vedere come assomiglino a ciò da cui prendono nome? Così che le riconosca in cielo lì dove sono davvero? Per buttarlo in mare solo se si ostinasse a tenere il timone sulla direzione sbagliata?

MARINAIO: Solo allora, Socrate, se così preferisci.

SOCRATE: Non lo preferisco, marinaio. Intendo che forse avresti voluto convincerlo.

MARINAIO: Non lo so. Devi sapere, Socrate, che quando qualcuno è un pericolo per la nave è raro che termini il viaggio. Ciò a causa dell’impopolarità che si procura fra l’equipaggio.

SOCRATE: Va bene, ma immaginiamo che, per qualunque motivo, lo teniate a bordo e vogliate insegnargli dove sono le stelle. Non gli avreste allora raccontato dell’Orsa e del Carro e di perché hanno quella forma, e di perché sono lì in cielo?

MARINAIO: Sì, Socrate.

SOCRATE: Ebbene, sono simili a questo pilota coloro che, dicendo di servirsi della ragione, invece puntano il timone in una direzione e dicono delle stelle e di ogni cosa dove sono e come sono non perché ne abbiano evidenza, ma solo per dimostrare che il timone è indirizzato bene. Perciò anch’io, quando discuto con loro, devo decidere se buttarli a mare, rifiutando di discutere ancora, oppure, come ti proponevo, provare a raccontare loro una storia così che vedano le cose con più facilità.

MARINAIO: Capisco, Socrate.

SOCRATE: Perciò, quando vedo che non c’è modo di convincerli a seguire la ragione per davvero, disgiungendo o congiungendo le cose come è opportuno, o a volte solo per accorciare una discussione che altrimenti andrebbe per le lunghe, racconto una leggenda, un episodio, una storia che li convincano.

MARINAIO: E hanno effetto, Socrate, questi racconti?

SOCRATE: Immenso, marinaio. Se si discute, poniamo, della conoscenza che gli uomini hanno delle cose, e di come sia imperfetta a paragone di quella divina, fatico a fare avanzare il discorso. Ma se racconto una certa storia di uomini che vivono in una caverna e vedono solo le ombre degli oggetti, tutti sono impressionati.

MARINAIO: Mi fa piacere saperlo, Socrate, perché ho sempre creduto che voi filosofi foste uomini misteriosi e diversi per natura dagli altri. Mentre, stando a quanto mi dici, anche voi raccontate storie come noi marinai che, quando ci riuniamo sul mare o a terra, concediamo rispetto a chi, riferendo le avventure più sorprendenti e i dettagli più vivaci, riesce a farsi ascoltare.

SOCRATE: Proprio per questo ti rincorrevo poco fa. Alla locanda, dove eravamo entrambi, chiedevo ad Apollonio, che è armatore, e conosce il mare e le storie di voi marinai, di raccontarmene qualcuna. Ma lui mi disse, indicandoti, che tu sei il marinaio più famoso nel raccontare storie in Atene, sia per lo stile, sia per la varietà degli episodi. Tu sei stato in molti posti, non è vero?

MARINAIO: Moltissimi, Socrate.

SOCRATE: Ed è dai viaggi che prendi le storie? O le inventi tu stesso?

MARINAIO: Dai viaggi, Socrate, e dai popoli che incontro e me le riferiscono.

SOCRATE: Bene, marinaio, questo allora volevo chiederti: che come i popoli te le riferiscono, tu ne riferissi qualcuna a me, così che io possa, con le variazioni che servono, inserirle nelle mie argomentazioni al momento giusto.

MARINAIO: Certo, ora mi è tutto chiaro, Socrate.

SOCRATE: Vuoi dunque raccontarmi una storia, marinaio? Il pomeriggio è caldo ma c’è ombra sotto quest’albero, e potremmo stare qui. Quando avremo finito torneremo alla locanda e ti offrirò da bere. Oppure, se preferisci, verrai a casa mia, dove ho vino buono, appena arrivato dall’Eubea, e avremo agio di fare qualche sacrificio in augurio dei tuoi prossimi viaggi.

(2. Continua)

Nessun commento: