Più o meno come gli esseri umani imparano a parlare:
“… [L]a maggior parte degli uccelli canori apprende il canto della specie ascoltando i compagni, e sviluppa un canto estremamente anomalo se privata di questa esperienza. Le attuali ricerche sul canto degli uccelli rivelano paralleli dettagliati e intriganti con il linguaggio. Per esempio, molti uccelli canori attraversano un periodo critico dello sviluppo dopo il quale producono canti difettosi cui nessuna quantità di input acustico può rimediare, il che ricorda le difficoltà che hanno gli esseri umani adulti nell’impadronirsi pienamente di linguaggi nuovi. Inoltre, a somiglianza della fase di babbling in cui i bambini vocalizzano e gesticolano, gli uccelli giovani attraversano una fase di sviluppo del canto dove producono spontaneamente versioni amorfe del canto adulto…”.
Traduzione da M.D. Hauser, N. Chomsky & W.T. Fitch, “The Faculty of Language: What Is It, Who Has It, and How Did It Evolve?”, Science, vol. 298, 22 novembre 2002, pp. 1569-79, un articolo che riassume lo stato della ricerca sulle facoltà linguistiche degli esseri umani e degli altri animali (link, in formato PDF).
L’articolo è piuttosto accessibile e raccomandato a tutti coloro che si interessano alle parole. Mi stupisco sempre quando vedo gli scrittori, i docenti di scrittura e in generale i professionisti del linguaggio ricorrere alle nozioni grammaticali tradizionali (quelle pre-Chomsky). Scoprire che c’è una vera grammatica dell’italiano, diversa da quella che insegnano a scuola, è stata una delle esperienze (intellettuali) più belle della mia vita: di quelle che vorresti fermare la gente per la strada e dire “Ma lo sa che il soggetto di frase non è ciò che pensa? E che il caso c’è anche sulle parole dove le sembra che non ci sia?”.
Non l’ho mai fatto: ma una nostalgia di evangelizzazione grammaticale mi è rimasta e non sorprendetevi troppo se, fra una “Scena di vita” e l’altra, vedeste comparire “Complementi e aggiunti”, “Caso strutturale e caso inerente”, “Pronomi e legamenti”, il giorno che scoprissi un modo non mortifero di scriverne.
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