02 marzo 2005

AIDS in Africa

Speranza di vita

A causa dell’AIDS la vita media nell’Africa sub-sahariana è crollata. In Sudafrica, nel 1993 la speranza di vita di un neonato era di circa 65 anni; nel 2003 era scesa intorno ai 45. Come vedete, l’andamento è simile in Botswana, Kenya, Uganda e Zimbabwe, gli altri paesi africani più colpiti dalla malattia (fonte: Presidenza degli Stati Uniti, via Ben Muse).

Di questa crisi si parla poco e, quando se ne parla, si chiede all’Occidente di investire di più nella ricerca di un vaccino o di rinunciare ai brevetti sui farmaci esistenti. In attesa del vaccino, e ferma restando la necessità di cure per i malati, è chiaro che ridurre i tassi di infezione, migliorando la prevenzione dell’AIDS, è più urgente. In proposito, ci sono alcuni fatti (fonti):

  • i preservativi sono efficaci (impediscono l'infezione nel 98% dei casi; il restante 2% è dovuto a un cattivo uso);
  • i preservativi sono efficienti (il costo di un preservativo, comprensivo delle spese di distribuzione, è di 0,12 $; il trattamento farmacologico, anche supponendo di non remunerare i brevetti, costa circa 1 $ al giorno per persona);
  • il numero di preservativi venduti o donati nell'Africa sub-sahariana è rimasto fermo negli ultimi dieci anni (l’eccezione è l’Uganda, che infatti ha visto ridursi i tassi di infezione).

Perché non ci sono più preservativi in Africa? E’ noto che la Chiesa Cattolica sfrutta i suoi rapporti diplomatici e il suo personale medico e missionario nel continente per bloccare la diffusione dei preservativi. Inoltre, la Chiesa cerca di spargere voci che è difficile non chiamare terroristiche. Nel 2003 il cardinale Alfonso Lopez Trujillo dichiarò in una trasmissione della BBC che “il virus dell’AIDS è circa 450 volte più piccolo dello spermatozoo… Può facilmente passare attraverso le “maglie” del preservativo. Questi margini di incertezza… dovrebbero rappresentare un obbligo per i ministeri della sanità e per le campagne informative ad agire come fanno con le sigarette, dove dicono che costituiscono un pericolo”. Vescovi in Kenya e altrove hanno ripetuto le stesse dichiarazioni, che sono false: l’Organizzazione Mondiale per la Sanità ha chiarito più volte che un preservativo intatto è impermeabile al virus (fonte).

Ciò nonostante, la Chiesa ha poche colpe, dato che i cattolici in Africa sono pochi, soprattutto dove il virus è più diffuso. Inoltre, sarebbe ridicolo dire che i fedeli africani evitano i preservativi per ubbidienza ai preti, quando si concedono una promiscuità sessuale che gli stessi preti non risulta raccomandino. Il sesso senza preservativo è un comportamento radicato, che non c’entra con la religione, e contro cui i governi e le organizzazioni che operano in Africa, cattoliche o no, non si battono abbastanza.

Immaginate però se la Chiesa ci ripensasse: avrebbe il potere politico, gli ospedali, il denaro per una grande campagna a favore dei preservativi che salverebbe la vita a milioni di persone. I preti sono persone come tutti; non è normale che l’idea che qualcuno faccia sesso dia loro più orrore dell’idea che prenda una malattia incurabile; le generazioni passano e la Chiesa cambia come cambiano tutte le istituzioni umane.

E' vero peraltro che oggi nella Chiesa i segni del cambiamento mancano. Per esempio, il Trujillo di cui sopra è il presidente del Consiglio Pontificio per la Famiglia, ed è uno dei tanti cardinali di nomina wojtyliana che voteranno nel prossimo conclave. E, comunque, la Chiesa cambia con tempi lunghi che l’Africa non può permettersi di aspettare.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Non voglio essere critica, sto facendo una ricerca in merito a quest'argomento. Credo ci siano tutte le premesse perché qualcunque cristiano entri in crisi. La mia domanda (priva di tendenziosità, si tratta solo di voler capire) a questo punto è: se è vero che la diffusione dell'HIV avviene tra persone che cattoliche non sono, ha davvero senso distribuire preservativi a fedeli che praticano la fedeltà coniugale o a persone che non credono e che non seguono "direttive" ecclesiastiche? Non sarebbe meglio invece un programma d'istruzione lanciato dalle autorità politiche, laico, diffuso nelle scuole? Un'idea che andrebbe estesa anche all'Italia, possibilmente.

Anonimo ha detto...

Distribuirli ha sempre senso, dato che costano pochissimo e prevengono le malattie! Quando parlavo di appoggio della Chiesa, non mi riferivo a un'opera di convincimento morale dei fedeli (che fanno quello che vogliono, in Africa come in Italia) ma di appoggio alle campagne informative e alla distribuzione.