28 agosto 2006

Recensioni: "Bombòn el perro", di Carlos Sorin

Cinema

Milano, Eliseo, Sala Scorsese. E' fine agosto: tranne un paio di prime visioni, in programmazione ci sono solo vecchie uscite. "All'Eliseo c'è ancora Bombòn", dico ad Angelita. "Il cane non soffre, vero?", dice lei. "Oh...", dico. "Sai che non sopporto gli animali che soffrono", dice. "Lo so. La recensione diceva...", dico. "Non voglio vedere cose turpi!", dice. "Uhm, non ce ne sono", dico. "Ma sei sicuro?", dice. "Sì", dico. Incrocio le dita e vado a prenderla. Ogni tanto nella vita ci vuole coraggio.

Trama

Patagonia, giorni nostri. Coco, un meccanico cinquantenne senza lavoro, soccorre una giovane con l'auto in panne. Per gratitudine, la giovane e la madre gli regalano Bombòn, un dogo argentino di razza. Messosi in società con Walter, un addestratore, Coco scopre il business dei cani. Quando Bombòn vince un premio a una mostra canina, e arrivano richieste di monta, Coco e Walter sognano la ricchezza. Ma Bombòn, ai primi approcci con le cagne in calore, manifesta un'insormontabile carenza di libido.

Cosa funziona

Il cane Gregorio (Bombòn): "bellissimo", dice Angelita, che è anche lei nel giro delle monte. Quanto alla recitazione, la sceneggiatura assegna a Gregorio un ruolo da cane pacato, che lui rende con riuscite espressioni indolenti.

La Patagonia: le terre desolate hanno sempre fascino.

Walter Donado (l'addestratore): efficacissimo nei panni di un uomo vitale ma arruffone, bugiardo ma simpatico, cordiale ma stronzo. Da vita a un film che ne ha poca. Nei titoli di coda si scopre che è un attore non professionista che interpreta se stesso.

Cosa non funziona

Juan Villegas (Coco): un altro attore non professionista. Di nuovo, si sente che nella vita è lo stesso uomo gentile e impacciato che interpreta nel film. Fa simpatia, però ha la stessa faccia per tutto il tempo.

Il neorealismo: il film narra una piccola storia personale su uno sfondo di povertà, quello dell'Argentina che esce dalla crisi. Viene in mente "Ladri di biciclette". Però, con l'avanzare del film, il tono austero si mescola col grottesco: Walter che balla con l'odalisca, le debacle sessuali di Bombòn... l'effetto è divertente, ma l'analisi sociale va a farsi benedire.

La regia: il film inizia con belle alternanze di primi piani e campi lunghi; poi Sorin si stanca e si affida alle soluzioni scontate.

L'elemento drammatico: inesistente. La sceneggiatura è più preoccupata di mettere in campo buoni sentimenti che di sviluppare una storia. Non c'è tensione, i personaggi non si evolvono, non ci sono svolte. Certo, la resurrezione sessuale finale di Bombòn mette di buon umore, ma non si può dire che giunga inaspettata.

Le foto cruente di dogo feriti: le temute, e inutili, cose turpi. Però Angelita non se l'è presa.

Durata

Un'ora e mezza. Il ritmo c'è e non ci si addormenta. All'uscita dalla sala si parla subito d'altro.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi stavo giusto chiedendo... "Ma Rodolfo non va più al cinema?"

Anonimo ha detto...

Ci andavo ancora, ma mi ero stancato di scrivere le recensioni. Adesso mi è tornata la voglia, poi vediamo... ;-)

Anonimo ha detto...

Da cane(quasi) annegato a cane(pare) annoiato.
Il distinguo, per quanto sottile, risulta di enorme e plurima rilevanza.

Bentornati!

P.S: quella riferita ad Angelita "anche lei nel giro delle monte" risulta essere ad una prima e miope lettura una frase equivoca.
Prontamente fugate le incertezze semantiche, chiedo: Ma davvero? Quale (o quali) razze?

Anonimo ha detto...

Bravi, siete simpatici tutti e due. :-)
Comunque, si parla di un bassotto tedesco a pelo duro. Anzi, di una bassotta: se mi regge il cuore, la farò accoppiare al prossimo calore. Posso solo dire che gli spasimanti di qualità non le mancano.