29 agosto 2006

L'egocentrismo di Jonathan Franzen

Jonathan Franzen, l’autore del fortunato “Le correzioni”, ha appena pubblicato un memoir dove narra della sua giovinezza e del suo matrimonio. Il titolo è “The discomfort zone”, che io tradurrei come “La zona scomoda” (è un gioco di parole su “comfort zone”, un modo di dire per i pensieri e le realtà da cui non vogliamo staccarci).

Oggi il New York Times vi dedica una recensione assai meno che entusiasta (accesso con registrazione o Bugmenot). Il recensore, Michiko Kakutani, descrive il libro come uno sguardo spietato ma compiaciuto dell’autore sui suoi difetti. Secondo la Kakutani, Franzen vi emerge come un uomo petulante, pomposo, ossessivo, egoista e, soprattutto, assorbito nell'auto-osservazione. La Kakutani riporta molti esempi. Questo è Franzen su sé stesso bambino:

…un piccolo divoratore di attenzione, sempre pronto a deviare le conversazione sul tema di me stesso.

Qui Franzen spiega quale fantasia gli susciti uno spettacolare paesaggio montano:

… io in un film con questa vista sullo sfondo e varie ragazze che ho conosciuto alle superiori e all’università che guardano il film e sono impressionate da me.

Franzen sulla popolarità di Charlie Brown:

Personalmente mi piaceva vincere e non potevo capire perché ci fosse tutto questo trambusto a proposito dei perdenti.

Franzen su un compagno di scuola:

Io, non lui, ero per diritto di natura il migliore studente della classe.

Franzen e la moglie:

Criticare la gente – la loro mancanza di perfezione – era sempre stato il nostro sport.

La Kakutani dice che tutto il libro è così: le persone che accompagnano la vita di Franzen vi appaiono come pallide figure di contorno alle sue seghe mentali. La Kakutani conclude chiedendosi quale lettore possa esserne interessato.

Io mi stupisco invece che uno scrittore, o chiunque altro, voglia fare spettacolo del proprio egocentrismo. Comunque lo si giri, l’egocentrismo è un’incapacità a dedicarci a ciò che è più grande di noi. Quindi, è una forma di mediocrità. Di solito, la gente tenta di nascondere la mediocrità.

Vado a tentoni: forse Franzen crede la scrittura nasca dal ripiegamento di sé. Mostrando quanto è ripiegato vuole provare di essere scrittore fino al midollo?

Oppure, Franzen crede nella teoria che ogni scrittore è maledetto: la scrittura stessa lo danneggia. Alcuni scrittori bevono, altri si perdono, altri distruggono chi li circonda. Svelando le sue paranoie, Franzen vuole forse mostrare stimmate a fedeli adoranti?

Oppure, molto semplicemente, fa parte dell'essere egocentrici credere che la gente spasimi dalla voglia di conoscere il tuo animo?

O Franzen in realtà è OK e la Kakutani è un critico malevolo? Non so, non conosco Franzen (non ho neanche letto "Le Correzioni"). Comunque, questo è un ritratto di Franzen in un articolo (favorevole) che Time dedica a "The Discomfort Zone":

In conversazione Franzen è ancora un po' ansioso e goffo, e inserisce pause monstre di 30 secondi mentre agonizza - letteralmente, sembra sia in agonia - su quale parola usare esattamente... Chiede molte volte se sta dicendo cose interessanti. Non può fare a meno di sparare piccoli fatterelli strani che si sono attaccati alla sua mente appiccicosa e superassorbente (secondo Franzen, il 43% dei guidatori di Subaru sono repubblicani; ogni persona negli USA continentali vive a meno di un miglio di distanza da un gufo; le ghiandaie uccidono 100 milioni di uccelli canori ogni anno solo in California)...

15 commenti:

Anonimo ha detto...

PERSONALMENTE propendo per l'opzione più semplice...IO infatti mi annoio spessissimo quando leggo i blog troppo intimisti e trovo, invece, il MIO animo estremamente INTERESSANTE.

Anonimo ha detto...

Io non trovo affatto da stupirmi che uno scrittore voglia fare spettacolo del proprio egocentrismo. Uno scrittore non proprio infimo (a mio avviso, anzi, eccelso) come Francesco Guicciardini, nei suoi scritti sta sempre lì a dire cose del tipo: "accettai la nomina a governatore della Romagna perché, anche se il posto mi faceva schifo, c'erano da lucrare un sacco di soldi". Oppure: "odio i preti, mi fanno schifo, se non fossi cresciuto in Italia (dove comandano i preti) mi sarei fatto discepolo di Martin Lutero, ma poiché sono cresciuto in Italia (dove comandano i preti) ho passato l'intera vita a fare il lacchè di papi e cardinali". Di queste confessioni, che mi sembrano trasudare letteralmente egocentrismo, non mi pare che la qualità dell'opera e il prestigio del Guicciardini scrittore abbian sofferto.

Anonimo ha detto...

Pully, siamo sulla stessa linea. Io però un momento prima di mettermi a scrivere di me stesso torno alla realtà.
Davide, non sono d'accordo: quello è essere interessati, non egocentrici. Guicciardini parla in continuazione del mondo e degli esseri umani, non di se stesso.

Anonimo ha detto...

Ok, ora capisco meglio. Ti riferisci all'egocentrismo traslato nella scrittura in forma di esposizione delle proprie seghe mentali. In realtà secondo me Guicciardini era egocentrico eccome (e parlare di sé gli piaceva anche molto): un cronista come il Torrigiani lo descrive come "il più vanesio, il più geniale, il più meschino degli uomini". Però le sue attività (ambasciatore, governatore, etc.) facevano sì che per parlare di sé egli dovesse per forza parlare del mondo e degli esseri umani. Non era, insomma, ripiegato su se stesso (il che io chiamo "obelichismo", più che "egocentrismo": anche Benvenuto Cellini nella sua "Vita" parla di sé per tutto il tempo, ma non lo definirei "ripiegato su se stesso": era troppo impegnato a scopare donne, cesellare, duellare, inguaiarsi, rubare, menare le mani etc. per "ripiegarsi").

Anonimo ha detto...

Ho letto "Le Correzioni" e l'ho trovato un gran bel romanzo. So solo che Franzen scrive molto bene. Se è egocentrico o no, m'interessa poco o niente, però se fa il romanziere un po' egocentrico lo è per forza. Aspetto con ansia la traduzione italiana del prossimo. Mi hai fatto venir voglia di leggerlo...

Anonimo ha detto...

Sì, o meglio: parlavo dell'egocentrismo come tratto di carattere che può portare a credere che l'esercizio ombelicale sia interessante per i lettori. Poi, sia chiaro, se uno scrive un memoir o un'autobiografia parla per forza di sé. Però vedo alcune differenze:
1) fra chi tenta di presentare una vita insolita o punti di osservazione privilegiati (Cellini, che narra avventure e il gran mondo) e chi offre solo quotidianità comune (Franzen, che parla della sua vita familiare);
2) fra chi descrive un bel paesaggio e chi dice che gli piacerebbe essere protagonista di un film con quel paesaggio.
Può darsi che si tratti solo di scelte letterarie diverse. Ma, dovendo uscire a cena con qualcuno, sospetto che mi divertirei di più con Cellini che con Franzen.

Anonimo ha detto...

Loungerie, come diceva qualcuno "tutta la pubblicità è buona pubblicità".

Anonimo ha detto...

Io, invece, mi chiedo come possa uno scrittore NON essere egocentrico al massimo.

Di fatto, tutti i grandi Scrittore devono essere necessariamente degli egocentrici compulsivi.
[Ste]

Anonimo ha detto...

Ste, mi sembra una teoria romantica.

Anonimo ha detto...

Non Katukani, Kakutani. E' un'istituzione, o almeno un potere forte, della critica militante americana. Qui un articolo di "Slate" su di lei:
http://www.slate.com/id/2139452/

Su Franzen taccio. Però quest'estate ho letto il memoir di Rick Moody, "Il velo nero", che ha ricevuto accuse molto simili, e mi sono parse ingiustificate. Anche i temi più ordinari e privati possono venire raccontati in un modo che li illumina e ce li "rende bene", ce li restituisce. Occorrerebbe leggere il memoir di Franzen. (A mio parere "The Correstions" era un bel libro, anche se non un capolavoro come tanti dicevano.)

Bentornati dalle vacanze.

Anonimo ha detto...

Grazie, Tommaso, ho corretto. Ho letto l'articolo di Slate: e devo dire che i recensori come la Kakutani mi stanno simpatici (se uno fa critica militante, tanto vale che prenda posizioni nette). Poi Franzen ormai è un piccolo monumento e ha tutti i mezzi per difendersi...
Bentornato anche a te: ma quando lo aggiorni il tuo blog, però? ;-)

Anonimo ha detto...

"Le correzioni" mi sono sembrate un libro ambizioso, potenzialmente molto bello se non fosse stato intaccato da cadute nel retorico/lezioso.
A questo punto è lecito pensare fossero i passaggi in cui Franzen si compiaceva per quanto sa scrivere bene ;-)

Anonimo ha detto...

Alla fine sta venendo voglia di leggere Franzen anche a me.

Anonimo ha detto...

non ho letto the discomfort zone, ma mettere in piazza se stessi e le proprie considerazioni su se stessi non è certo una cosa nuova, soprattutto in america (che dire allora del romanzo di esordio di dave eggers?!). e non è cosa che mi dispiaccia. anzi. ovviamente bisogna avere le capacità per farlo. le correzioni è un romanzo incredibile.

Anonimo ha detto...

In effetti credo che la Kakutani, colpendo Franze, avesse in mente anche altri.