Si crede che riconciliarsi sia uno sforzo. Che, dopo avere litigato con qualcuno, la tendenza spontanea sia portargli rancore. Che, per riappacificarci con lui, o con lei, occorra la riflessione morale: meditare sulla nostra parte di colpa nel litigio, considerare che la pace è meglio della guerra, convincerci che il rancore è un sentimento cattivo.
Ma la riflessione morale è così rara, fra gli esseri umani, che se fosse necessaria per riconciliarsi, allora case, uffici, fabbriche, ristoranti sarebbero una faida rusticana ininterrotta. E non si spiegherebbe come, dopo zuffe più feroci delle nostre, i mammiferi si riconcilino alla svelta, pur privi di una coscienza.
Un articolo del New Scientist riferisce ricerche recenti sui conflitti fra gli animali. Il ricercatore Frans de Waal, della Emory University della Georgia, descrive l’episodio di Hennie, una scimpanzé schiaffeggiata da Nikkie, lo scimpanzé leader del gruppo. Dapprima Hennie si allontana, accarezzando il punto dove Nikkie l’ha colpita, e guarda nel vuoto. Dopo qualche minuto, Hennie torna verso le compagne e attira l’attenzione di Nikkie con qualche grugnito. Poi gli porge il dorso della mano, avvicinandoglielo alla bocca, come gli chiedesse di baciarlo. Allora Nikkie le lecca la mano, poi se la mette in bocca, e in breve i due scimpanzé si danno strofinate e bacetti.
L’episodio è tipico. Sembra che le riconciliazioni immediate siano l’esito più comune delle liti non solo fra le scimmie, ma anche fra le capre, i delfini, le iene e altre specie di mammiferi che vivono in gruppo. Dato che gli animali litigano spesso, alcuni ricercatori stimano che il 20% della vita sociale dei mammiferi sia speso in attività di riconciliazione. La prassi è che:
la proposta di pace venga da chi ha avuto la peggio nel litigio;
che l’altro accetti subito;
gesti caratteristici accompagnino la riconciliazione (per esempio, pare che i macachi si abbraccino solo dopo un litigio).
La spiegazione più probabile di questa prassi è che riconciliarsi sia utile a entrambi i litiganti. Il soccombente ha bisogno di ristabilire i rapporti con un individuo forte per non essere escluso dal gruppo. Il vincitore, dopo una dimostrazione di forza, non ha interesse a spendere risorse per proteggersi da possibili tentativi di rivalsa. L’evoluzione potrebbe avere prodotto un istinto a riconciliarsi grazie ai suoi benefici per la collaborazione nel gruppo.
Se fra gli esseri umani le riconciliazioni sono altrettanto comuni, è possibile che l’evoluzione ci abbia dotato dello stesso istinto, per esempio sotto forma di una pulsione a uscire dai conflitti. Se litighiamo con un estraneo, il modo più semplice di chiudere la faccenda è di evitare altri incontri (non torniamo nel ristorante dove abbiamo litigato sul conto). Se litighiamo con un familiare, un collega, o altre persone che vediamo di continuo, il conflitto ci fa soffrire e tentiamo di recuperare il rapporto: il caso più comune è che il giorno dopo ci mettiamo a parlare con la persona come se nulla fosse. Se il litigio è grosso, o vogliamo essere formali, ricorriamo al contatto fisico come gli altri mammiferi (strette di mano, pacche sulle spalla). A quanto pare, le scimmie bonobo ufficializzano la riconciliazione con pratiche erotiche; e anche per noi fare sesso è il modo abituale di chiudere le liti di coppia.
Se abbiamo un istinto a riconciliarci, perché a volte le liti non si chiudono? I ricercatori hanno osservato che, dopo una lite, l’animale vincitore rifiuta la pace in un solo caso: quando la ragione del conflitto non è esaurita (a lotta era sulla divisione del cibo, e il vincitore tiene lontano il soccombente finché non ha finito di mangiare). Allo stesso modo, può darsi che anche noi riserviamo l’odio solo a chi vuole i nostri beni: che non esista l’odio politico, di classe, razziale, per i diversi, se non in modo confuso e astratto; che il vero odio sia quello verso un fratello con cui dobbiamo spartire l’amore dei genitori, o verso un collega che punta alla carica che desideriamo noi, o verso il rivale che tenta di sottrarci il nostro partner.
Se così stanno le cose, l’idea che ci riconciliamo per scelta e riflessione è infondata: ci riconciliamo perché, nella situazione giusta (rapporti continuativi, ragione del conflitto esaurita), ci viene una spinta naturale a farlo. Se poi la situazione non è quella giusta, ci riconciliamo solo se qualcuno ci costringe: ma allora il cuore non vi partecipa, come si vede sul volto dei bambini, quando un genitore chiede loro di stringersi la mano.
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