14 marzo 2005

Recensioni: “Million dollar baby”, di Clint Eastwood

Clint Eastwood

Cinema

Excelsior di Milano, sala Excelsior. Durante la pubblicità prima del film, uno spot cupo, aggressivo, espressionistico della Presidenza del Consiglio ci ha informato che la pirateria musicale è un reato. Informeremo la Presidenza del Consiglio che anche il falso in bilancio lo è.

Trama

Frankie, un anziano allenatore, è avvicinato da Maggie, un’aspirante pugile, che gli chiede di allenarla. Dopo molte resistenze, Frankie accetta. Incontro dopo incontro, porta a Maggie a combattere per il titolo (fermatevi qui, se non volete sapere il resto).

Cosa funziona

La sceneggiatura. La prima parte sembra Rocky al femminile; le situazioni e i dialoghi ricordano storie stantie di perdenti in cerca di un riscatto. Invece, dopo l’incidente di Maggie, ti accorgi che la storia marciava in una direzione diversa. I personaggi, vivi e intensi, nel finale ti costringono a estrarre il fazzoletto.

La regia. Clint Eastwood, quando lo intervistano in Italia, ci blandisce dicendo che ha imparato tutto da Sergio Leone. Per fortuna, non è vero. Leone metteva la sua firma anche sui cactus, mentre Eastwood è un narratore, che lascia spazio alla storia e ai personaggi. Qualche lentezza nella prima parte. Un po’ scolastico il rallenty nell’incidente di Maggie. Semplice ed efficace tutto il resto. Ottime anche le riprese di boxe: dinamiche, ma senza impedire allo spettatore di seguire il combattimento.

Clint Eastwood (Frankie). Per tutto il film, il suo personaggio affronta con coraggio situazioni più grandi di lui. Eastwood ne rende il disagio accigliandosi; il coraggio, lo rende con un sorriso leggero. Sembra poco, ma il risultato è perfetto.

Hilary Swank (Maggie). Deve esprimere ostinazione, generosità, spirito di indipendenza, gratitudine, ingenuità e un affetto filiale mescolato a una passione romantica: riesce in tutto senza trucchi e senza smorfie. Carismatica. Fa pochi film: immagino che a Hollywood scarseggino le occasioni per donne che non siano molto carine (vuol dire che continuerà a prendere un Oscar per ogni raro ruolo da protagonista).

Morgan Freeman (Eddie, l’assistente di Frankie). Sembra lì apposta per compensare qualche rigidità di Eastwood, con cui ha dialoghi divertenti. Pieno di umanità. Vorresti che venisse a rimboccarti le coperte alla sera.

I combattimenti. Credibili, anche se i pugili al cinema si danno molte più botte di quanto facciano in TV.

L’eutanasia. Maggie rimane paralizzata dal collo in giù dopo il combattimento per il titolo. In clinica, chiede a Frankie di farla morire. Frankie non vorrebbe, ma alla fine esegue. Negli Stati Uniti, associazioni di tetraplegici hanno criticato il film perché dipingerebbe la condizione del tetraplegico come indegna di essere vissuta. Elizabeth Anderson, un filosofo americano, ha definito il film una memoria in favore dell’eutanasia. Qualche polemica è apparsa anche sui giornali italiani. Mi sembra che le critiche manchino il bersaglio. Il film narra una storia: quella di una tetraplegica che ha scelto di morire, e di un uomo che cede a una richiesta matura, lucida, determinata, che sfocia in un tentativo di suicidarsi per emorragia (mordendosi la lingua). Ciò non implica un’approvazione filosofica della condotta dei personaggi. Eastwood mette in primo piano il dramma delle persone, non la questione etica.

Cosa non funziona

La famigliola di Maggie. Tre personaggi detestabili che tentano di sottrarre a Maggie i guadagni. Realistici, ma un po eccessivi nella scena dove cercano di far firmare un documento a Maggie tetraplegica mettendole la penna in bocca.

Il parroco. Frankie va a messa tutti i giorni e discute di teologia col parroco. La cosa avrebbe a che fare con la figlia di Frankie (che non vuole più vederlo), ma non si capisce il perché. Frankie confida al parroco ciò che Maggie gli ha chiesto; con aria annoiata, il parroco dice “se lo fai, perderai la tua anima”, poi si alza e se ne va.

Durata

Due ore e dieci, più unoretta minimo per discutere di tutto con gli amici nel dopo film.

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