22 gennaio 2005

Contro la sicurezza per i governanti

Le democrazie spendono molto perché nessuno uccida i governanti. Agli incontri del G8 ci sono elicotteri, mezzi blindati, posti di blocco, poliziotti coi lacrimogeni, cecchini sui balconi, agenti segreti fra i camerieri e guardie col compito di intercettare i proiettili col torace. Il G8 di Genova costò 500 milioni di €, con cui si poteva costruire un centinaio di scuole elementari. E tutto perché i governanti più potenti del mondo, che hanno il telefono, si riunissero in un solo palazzo, come per allettare i terroristi islamici, gli anarchici violenti, i criminali pazzi, e la gente comune (“Guardi, signora, io ci metterei una bomba e li farei saltare in aria tutti”).

Un tempo proteggere i Re era utile, perché in caso di regicidio il trono sarebbe passato a un erede ancora bambino o, se adulto, che si era distinto solo per imprese nei bordelli. Al contrario, in democrazia sostituire i governanti è facile. Il metodo migliore è quello degli Stati Uniti, dove i cittadini eleggono un presidente e un vice, così che se il primo muore il secondo lo rimpiazza. Altrove, il Parlamento può comunque votare un nuovo presidente, o un nuovo primo ministro.

Perciò, propongo di togliere la sicurezza ai governanti.

Sul piano economico, risparmieremmo milioni, a fronte di un piccolo costo di rinfresco quando i sostituti giurano. Ai governanti, si chiederebbe solo di condurre una vita borghese, in cui si organizzano da sé per andare e tornare dal lavoro, come fa chiunque. Volessero, sarebbero liberi di pagarsi guardie e sistemi d’allarme coi loro quattrini, o di prendersi un maestro di kung fu come portaborse. Comunque, non nego che per i terroristi attaccarli sarebbe più semplice.

Ma questo è un bene. Intanto, potendo puntare ai pezzi grossi, i terroristi smetterebbero di colpire noi cittadini, con bombe nei locali pubblici o aerei sugli edifici. Le vittime totali del terrorismo calerebbero. Inoltre, gli attentati ai governanti proverebbero che la violenza politica è vana: se un primo ministro avvia una riforma della sanità che danneggia i proletari si può ucciderlo, ma a che serve se poi i successori portano avanti la riforma lo stesso? Ciò è vero anche oggi, ma può darsi che i terroristi non lo capiscano, mentre se uccidessero i governanti noterebbero l’assenza di vantaggi. Le Brigate Rosse si sfasciarono dopo l’omicidio Moro.

Nel frattempo, ai cittadini passerebbe la fregola di mandare al governo l’uomo forte, perché un uomo forte con sicurezza debole può perire da un giorno all’altro. Così, tutti voterebbero individui schivi ma con idee buone (che sopravvivono agli ideatori), e quando la violenza politica si fosse spenta ci troveremmo con governi più orientati al fare. Ciò richiederebbe un po’ di tempo, e una fase iniziale di omicidi politici frequenti. In ogni caso, morisse anche un governante la settimana, in Italia i politici sarebbero più al sicuro dei lavoratori edili, che muoiono in oltre duecento l’anno.

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